A quasi tre mesi da questo post Fare della Siria un’altra Libia, non tanto facile. Come mai? la situazione è cambiata soprattutto per la quantità di sangue versato.
“Progetto” Siria
Il progetto geopolitico di dividere la Siria è uscito dal cassetto nel marzo 2011 ed è stato buttato nel mucchio della “primavera araba”, probabilmente in funzione dei più vasti progetti anti-Iran e d’indebolimento della Russia.
Ogni pagliaio, però, ha bisogno della scintilla e in questo caso l’incendio è divampato con il sollevamento di Daraa e la sanguinosa repressione del regime.
Ci sono paragoni con la Libia che reggono: l’innesco strumentale, la fornitura di armi ai “pacifici manifestanti” , qualche video fasullo e notizie gonfiate, ma il tessuto sociale incomparabilmente più complesso non fa sortire lo stesso effetto ribaltone.
I Siriani non sperano nel meglio con un altro governo, si aspettano una lotta di tutti contro tutti per il potere.
Occhi verso l’Onu, gli Stati Uniti, il Qatar o Israele, coloro che si spendono “pro” o “contro” Assad, parimenti , fra accuse e sconfessioni, non vedono, o non se ne curano, che il conflitto sta mettendo velenose radici in territorio libanese.
Permette di intendere qualcosa di più questo reportage del quotidiano di Beirut Al-Akbarh (link a prima e seconda parte) sui gruppi ribelli che fanno la spola fra Siria e Libano, a Wali Khaled, confine nord-est del paese (nell’immagine segnato in rosso).
Il reporter ha incontrato tre bande armate e tutte si proclamano parte del FSA, libero esercito siriano; una ha il compito di riportare in Libano i combattenti feriti che vengono curati negli ospedali (privati) di Tripoli, un’ altra trasporta in Siria armi, fotocamere e medicinali per gli insorti. L’altro gruppo “intervistato” dichiara di operare come “supporto logistico”.
Il commando di Omran
Così dice di chiamarsi il capo del gruppo di supporto logistico, e parla degli approvvigionarsi di armi in Siria: dall’esercito regolare, e insiste su questo. Per lo sminamento del confine e la creazione dei varchi sicuri dispone di tre genieri disertori dell’esercito regolare. Racconta che prima disponeva di un volontario libanese che a un certo punto ha cominciato ad esigere una paga o il permesso di tenersi le mine recuperate. Il gruppo, che intendeva reimpiantarle in territorio siriano, è addivenuto a un compromesso con spartizione. Allo sminatore erano toccate circa cento mine, ognuna delle quali al “mercato” locale vale 400 $.
Anche un lavoro potenzialmente mortale ma ben pagato sembra una fortuna, se si manda alla malora la politica e il futuro.
I membri del gruppo di Omran sono sunniti, ma il capo, dietro il suo passamontagna e con il telefono satellitare come scettro, assicura che sono impegnati per “l’unità del popolo siriano”. Ci sono ufficiali sunniti anche nell’esercito: “Terremo conto se hanno sangue sulle mani, non faremo differenza, non esenteremo nessuno né sunnita né alawita (ndr. partito al potere). “
E’ questa è già una premessa o promessa del futuro siriano post-Assad…
Omran è convinto che il tempo non sia dalla parte del governo “Ogni giorno di resistenza è un chiodo nella bara del regime, ma per quanto a lungo sopravviva, non deporremo le armi. Se non proteggeremo il nostro popolo, chi lo farà? La Lega araba e i suoi protocolli? Gli Stati arabi che guardano il popolo siriano ucciso ogni giorno in TV senza muovere un dito?”
Perfetto controcanto ai commentatori occidentali, cambiando “ paesi arabi” con Onu o Russia, secondo i gusti. Ma Omran ce l’ha a morte soprattutto con il governo libanese.
“E’ sottomesso a Hezbollah (ndr. è una formazione sciita) che a sua volta è un fantoccio del regime siriano. Come fa a essere libanese, Hezbollah, se è legato a filo doppio solo con l’Iran che è a migliaia di chilometri di distanza? Delle unità militari di Hezbollah, l’esercito del Mahdi [iracheno] e gli iraniani stanno partecipando ai massacri in Siria.
Decine di guerriglieri Hezbollah e iraniani sono stati uccisi in Deraa, e le loro foto sono state mostrate nei canali satellitari”.
“Che prove hai di questo”” gli chiede il giornalista “Si capisce dall’accento e dalla faccia! Gli iraniani parlano male l’arabo e non portano documenti d’identità!
“E i guerriglieri Hezbollah?” incalza coraggiosamente l’inviato “Qualunque siriano può dire che sei libanese solo guardandoti in faccia”
Ribelli a cui non servono servizi d’intelligence. Come in Libia, dove la pelle nera equivale a “mercenario”. Come nelle redazioni dove si prendono a scatola chiusa le notizie, perché sono lanci delle agenzie.
E’ questo un “esercito”?
Il reporter di Al Akbar parlando dell’insieme di bande che si definiscono “esercito libero” riferisce:
Sebbene si dichiarino tutti per la “rivoluzione” , rivaleggiano per assicurarsi controllo e influenza. I contatti sono minimi, criticano le gesta degli altri, si accusano vicendevolmente di trarre guadagno personale dalla rivoluzione.
Un comandante bisbiglia che il leader di un altro gruppo “ruba i fondi che arrivano per i rifugiati” o “ vende le forniture ricevute con la scusa di comperare medicine o armi”. Un altro si spinge più in là “attenzione, il capo di quel gruppo è un agente del regime “ , naturalmente quest’altro dice lo stesso dell’accusatore.
Mentre volano queste accuse e ogni capobanda mantiene i contatti direttamente con il comando FSA in Turchia o all’interno di Siria, un ufficiale osserva: “Avremmo bisogno di avere un solo capo al coordinamento, per proteggere la rivoluzione da infiltrati e non perderci per strada”.
Sono dinamiche interpersonali comuni dalle quali non si salva nessun gruppo sotto nessuna bandiera e hanno sempre fatto la fortuna del potere.
Ma ad avvelenare tutto c’è lo schieramento religioso, come si è visto dalle parole di Omran, e come è del tutto prevedibile, dal momento che la longevità dei governi Assad si deve precisamente alla capacità di contenere le altrimenti deflagranti lotte etnico-religiose del crogiolo siriano. Ma ora è il momento della vendetta dei sunniti, confessione cui appartengono i Fratelli musulmani, che non avevano finora voce al vertice.
Un altro capo racconta la brutalità del governo, incluse le “atrocità commesse contro i cittadini dagli scagnozzi del regime che stuprano e fanno a pezzi le donne, come è capitato a Zainab al-Husni.”
Il giornalista commenta “Questo tale sembra non sapere che la presunta stuprata e smembrata mostrata alcuni mesi fa su qualche canale tv, è ricomparsa alla tv di stato siriana viva e vegeta.”
Di questo caso parla anche il video del post Siria: la decapitazione della verità? dove in effetti si vede l’intervistata Zainab che esibisce i documenti davanti alla telecamera.
Due considerazioni
Le notizie false di cui è gonfiata la propaganda anti Assad, come lo fu quella anti Gheddafi, servono per addomesticare l’opinione pubblica internazionale, certamente, ma forse in primo luogo sono droga per rendere i ribelli esaltati e belluini.
La Zainab della tv siriana, pur con la sua carta d’identità, potrebbe altrettanto essere uno psyop del regime. Di più: non possiamo sapere se “quella” Zainab: stuprata/non stuprata, ammazzata/viva e vegeta, esista davvero. O se una vittima c’è stata, oscurata da un equivoco sul nome.
In fondo per sconfiggere una bugia è funzionale un’altra più grossa o almeno sconcertante. La verità non convince mai nessuno, questa è una tragedia planetaria, allora passa sotto silenzio e quando emerge occorre farle un vestito nuovo.
Libano domani?
E’ importante sapere che elicotteri dell’esercito libanese sorvolano Wali Khaled, dove operano i gruppi di cui parla il reportage, per individuare quelli che, dice il quotidiano libanese Daily Star, il governo siriano definisce terroristi.
C’è chi accusa il Governo libanese di aver deciso i pattugliamenti su ordine della Siria.
C’è chi vuole i pattugliamenti a terra per difendere i cittadini libanesi, ci sono già state vittime, dalle incursioni dell’esercito siriano. Infatti la regione di Wali Khaled, Akka, e parte della valle della Bekaa già vedono una massiccia presenza di soldati, ma dispiegarli sul confine significherebbe opporli ai militari siriani, dando motivo alla Siria di considerarlo un atto ostile.
C’è chi, preoccupato, sostiene che un coinvolgimento del Libano nel conflitto siriano è già avvenuto.
Se in Libano,
dove la disinvolta politica siriana nel corso degli anni ha pescato a turno i suoi protetti fra varie componenti,
dove per l’omicidio di Rafiq Hariri, ora, tempestivamente, il Tribunale speciale per il Libano ha aggiunto agli imputati un quinto uomo di Hezbollah,
dove la minoranza drusa di Walid Jumblat riesce non di rado a fare il pesce pilota,
dove c’è un presidente cristiano maronita e un premier sunnita,
dove il partito di Hariri chiede uno sganciamento dalla Siria, mentre il Patriarca cristiano maronita esprime timori, in caso di uscita di scena di Assad,
per la sorte dei cristiani di Siria,
divampasse nuovamente la guerra civile, si troverà qualche motivo per raccontarlo
e nessuno dirà mai che il Libano
sarà stato un “danno collaterale” della vicenda Siria.
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aggiornamento 10 febbraio
la Siria come argomento di lotta politica interna al Libano:
aggiornato in Libano temerario: proteste armate e imboscate politiche
25 marzo un servizio sulla crescente pressione che il conflitto causa sulle città di confine, come Tripoli
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