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Quando una piazza si infiamma e dalla protesta passa al teppismo e poi alla guerra civile, il ventaglio delle opinioni non è molto ampio. C’è chi imbraccia un semplicistico multiuso “popolo che vuole libertà” . C’è chi si barrica nel complottismo e vede solo la zampata degli americani o dei sionisti. Succede perché si guarda una puntata alla volta,  come si trattasse di Beautiful, e solo i costanti e di buona memoria vedono lo svolgersi della trama, al di là di quel che racconta l’episodio. La trama delle ribellioni nazionali forse non è nata nella mente di qualche potente regista geopolitico, bensì è insita nello sviluppo tecnologico che ha sovvertito le basi del capitalismo, reso astratti i grandi centri decisionali e fatto di tutto ciò che è umano la propria variabile dipendente.

Dalla caduta del Muro di Berlino, che ha chiuso la “guerra fredda” , incessantemente serpeggiano rivolte e repressioni. A volte si concentrano in un periodo e sono accomunate da similitudine degli slogan, come nell’estate 2011 per Gran Bretagna, Tunisia, Spagna, Cile, Israele, Grecia e altri ancora: contro la corruzione politica, contro il sistema bancario, contro la disoccupazione e la precarietà. 

Cresce in un paese la povertà con la scomparsa progressiva del lavoro e delle sicurezze sociali. Dello scontento si impossessano forze minoritarie o dormienti, in attesa del momento adatto per riapparire. I cittadini riempiono la piazza e queste forze mimetizzate trasformano la protesta in guerriglia. La repressione che ne deriva sarà internazionalmente tollerata (Egitto) o sfruttata (Libia) a seconda degli interessi di attori a loro volta nascosti dietro i governi: le major, le lobby delle armi, il crimine organizzato nel campo della droga, dei rifiuti tossici, del furto di risorse minerarie.

I segnali che in corso c’è qualcosa che va oltre il merito delle questioni locali sono due: l’apparire del “capo carismatico”  e quando nei titoli dei media appare bagno di sangue, che nei giorni trasla a “massacro” e “mattanza”

Si può star certi che la questione avrà riflessi internazionali, anche se non immediatamente chiari; il bagno di sangue in Siria è lasciato sobbollire perché l’opposizione non ha prodotto il carismatico da opporre a Assad.

Oggi tocca all’Ucraina: Massacro a Kiev, è un bagno di sangue
che l’informazione spiega con
rivolta per entrare in Europa”  e
il popolo lo vuole e il governo lo avversa.”

La trama è che l’Ucraina, dopo la rivoluzione arancione del 2004, era stata abbandonata dall’Europa. L’anno scorso il governo aveva chiesto aiuti economici ricevendo in risposta una proposta insostenibile: un prestito del FMI (un nodo scorsoio...)  in cambio dell’innalzamento del prezzo del metano, che per scelta politica l’Ucraina ha sempre tenuto basso. Yanukovic non firmò, viaggiò in Russia e in Cina ottenendo la concessione di prestiti. Da questo si è riaccesa la protesta e da fine gennaio è diventata lo scontro sanguinoso  in corso, con ribelli ben armati che attaccano e soverchiano la polizia.

Vitalij Klyčko
Vitalij Klyčko

La forza dormiente risvegliata per travolgere la protesta dei cittadini è il nazionalismo. L’Ucraina, come tanti altri paesi in bollore, non è  omogenea storicamente e nemmeno nella lingua parlata.   L’est e il nord sono russofoni , la Crimea  adotta il russo perfino come lingua ufficiale,  e sono zone che ancora tacciono; mentre nell’ovest e nel sud,  le zone in rivolta, la protesta è controllata dagli estremisti nazionalisti e dalle formazioni paramilitari armate dei “banderovzy” neonazisti.
Il carismatico del fronte d’opposizione è “dr.Pugno di ferro” Vitalij Klyčko, pedagogo e campione, fratello di un’altra star mondiale della boxe. Klyčko è un “liberale”, un benefattore della chiesa e delle ong, è coinvolto nell’Unesco e ha fatto campagna elettorale per Rudolph Giuliani. Presentabilissimo, come si vede dal suo sito è perfino belloccio, pazienza se è un prestito del Kirghizistan!
Il thin tank Foreign Policy lo adotta e così espone il suo prog
ramma “Klyčko vuole per gli Ucraini lo stesso standard di vita di cui godono gli europei” . Basta scordare la Grecia, non vedere Kiev  in mano alle bande neonaziste e antisemite, e il gioco propagandistico riesce.
Dal 22 novembre, inizio delle manifestazioni pro-Europa in piazza Maidan, la

Sviatoslav Shevchuk
Sviatoslav Shevchuk

Chiesa greco-cattolica ucraina, guidata dal giovane “Sua Beatitudine” Sviatoslav Shevchuk, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyč, è sempre stata a fianco dei manifestanti.
Klyčko fotografato a fianco dell’icona e della croce, non solo un caso. 

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Il punto è che quando si porta una popolazione alla disperazione, ciò che ne deriva è quasi sempre l’opposto di quanto essa si proponeva di ottenere.

Italia divisa
A T T E N Z I O N E !!

Lo deve ricordare l’Italia, che a torto si ritiene “unita” . Nel 2011 Guido Crosetto, allora nel Popolo della Libertà constatava “Al Nord c’è un clima pessimo, una rabbia e una sfiducia tali nei confronti di tutte le istituzioni che si rischia il consolidamento giorno dopo giorno di una maggioranza di popolazione che veda quella della secessione come l’unica possibilità di sopravvivere alla crisi” e i sondaggi condotti qua e là anche ultimamente indicano percentuali altissime di favorevoli alla secessione. 

Fanno eco da Sud gruppi e iniziative che considerano lo stato italiano “occupante” dell’Italia meridionale.

La ragione per cui non diamo importanza a tutto questo – che esiste – è perchè i media si comportano come se non esistesse. Sono queste, però, le forze dormienti il cui scontento potrebbe essere innescato, mobilitato e travolto nel momento in cui la trama complessiva richiedesse la “puntata” Italia. E in tal caso non saranno battibecchi in streaming.

“La morte non conta un cazzo
quando ti serve un posto per dormire”


 Charles Bukowski, Il momento della verità