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Saadi  Gheddafi è stato estradato dal Niger e consegnato alle autorità libiche il 6 marzo 2013. A Roma era in corso la conferenza internazionale sulla Libia che sta sprofondando nella disgregazione politica e sociale. Come ridare smalto a una dirigenza imbelle? Giocando una carta  Gheddafi!

Saadi Gheddafi Saadi Gheddafi non era il delfino, non era nemmeno il più scadente della famiglia, ruolo meglio indossato dal manesco Hannibal. Nel 2011 aveva lasciato il paese in circostanze che meriterebbe chiarire; i media avevano parlato molto, quel settembre , della lunga fila di auto che varcava il confine del Niger “con l’oro di Gheddafi”. Poi, dopo la l’uccisione del rais,  non più.
(ved. post  DOSSIER GHEDDAFI, la morte: tante versioni pubbliche e la taciuta pista dell’oro ).
Di Saadi si ricorda l’opaca carriera di calciatore in Italia,  dato certo,  e il ruolo di “capo delle forze speciali libiche”, dato molto opinabile.

Saadi era un ricercato dall’ Interpol  (ved. qui  e la Red Notice era stata emessa il 29 settembre 2011 su richiesta dell’allora CNT libico “per Saadi Gheddafi appropriazione indebita e intimidazione armata”. I crimini sarebbero stati commessi durante la carica di responsabile della Federazione calcio libica. Attribuendogli il ruolo di comandante delle forze speciali, all’accusa di furto si possono aggiungere quelle di repressione durante la rivolta del 2011. In realtà non esiste alcuna pendenza presso la Corte Penale Internazionale (che richiede invece di processare Saif Al Islam) come confermano i tweet di Nick Kaufman,  che fu in varie circostanze il legale della famiglia Gheddafi.

La notizia diffusa il giorno 6 marzo che il Niger aveva concesso l’estradizione di Saadi Gheddafi rammenta, nello stile, quella del settembre 2012 e l’estradizione dalla Mauritania di Abdullah al Senussi, ex capo della sicurezza interna e dell’intelligence militare, ma con la fondamentale differenza che Al Senussi era ricercato dalla Corte Penale Internazionale, e a questa doveva essere consegnato.

Singolare similitudine fra i due casi è l’iniziale resistenza dei governi a consegnare quelli che erano definiti dei “rifugiati”, seguita da trattative segrete, prelevamento dei due ricercati e loro comparsa, a cose fatte, in Libia. Occorre ricordare che nel settembre 2012 la crisi libica era all’apice per l’uccisione dell’ambasciatore Chris Stevens a Benghazi, e che ora  la crisi è endemica: il Congresso Generale si è autonomamente prolungato la vita oltre la durata prevista, la consultazione elettorale per la formazione della Commissione Costituente è quasi caduta nell’indifferenza, la Cirenaica sembra il Far West, le minoranze etniche, come gli Amazigh,  si ribellano al potere centrale e la sedia del presidente del Congresso Ali Zeidan scotta ogni giorno di più. “Offrire” un Gheddafi o uno stretto collaborato (Al Senussi era anche cognato del rais) è un’infallibile operazione d’immagine.

Ancora non si sa se per ottenere l’estradizione dal Niger sono stati erogati “prestiti” come avvenne per acquistare Al Senussi dalla Mauritania, ma il colpaccio in corrispondenza della Conferenza di Roma era in preparazione da qualche settimana. Il conflitto nel sud del paese venne attribuito a una non meglio identificabile “resistenza verde” che agiva sul confine con il Niger, pertanto facilmente narrabile come collegata a Saadi.

Le foto che lo ritraggono in prigione mentre gli vengono rasati i capelli qui apparirebbero un’ inutile violazione della dignità personale,  forse per l’opinione pubblica libica non è così, tuttavia non sarebbe accettato un simile accanimento per ottenere l’estradizione di Aicha. Una madre, una vedova, una donna dalla vita funestata di lutti per l’uccisione di tanti famigliari, questo presumibilmente il sentimento islamico del paese non lo permette.

Secondo i media, come il fratello Hannibal, Aisha è ricercata dall’Interpol, tuttavia nel sito, alla pagina delle Wanted Person i loro nomi non si trovano; del resto è prontamente scomparsa la red notice di Saadi dove era possibile leggere a chiare lettere “thief”, ladro, e non “accusato di violenze sulla popolazione”. Miraggi della comunicazione.
Per stare in sella Ali Zeidan ha ancora due figli maschi di Muhammar Gheddafi da inseguire. Se tutto dipende dal prezzo, il Sultanato di Oman non ha le casse vuote. Occorreranno altri tipi di concessione.

Risultati della Conferenza sulla Libia, aggiornata fra qualche mese in Turchia