Le complicazioni religiose e etniche dell’attacco a Raqqa. L’incognita del successivo sfaldamento delle coalizioni anti-Isis in Siria. Le restanti risorse del Califfo. Chi presiederà la città “liberata” ?

La coalizione delle Forze democratiche siriane (SDF) ha lanciato due mesi or sono la campagna per la conquista Raqqa, la città considerata capitale dello Stato Islamico. La SDF è composta in massima parte da combattenti curdi ed è assistita militarmente dagli Stati Uniti che, a loro volta, hanno da poco annunciato di aver messo a punto il piano finale per strappare all’Isis sia Raqqa sia l’irachena Mosul. Secondo notizie di fonte irachena, 1500 miliziani dell’ Isis hanno lasciato Mosul alla volta di Raqqa.
Il conflitto più violento in questi giorni si sviluppa nella città di Manbji, come descrive il Il Mattino :

Intrappolati «come uccelli in gabbia», esposti ai bombardamenti della Coalizione filo-Usa, agli spari dei cecchini curdi e alle rappresaglie degli ultimi jihadisti dell’Isis rimasti in città: è il dramma che stanno vivendo i circa 150mila civili rimasti a Manbij, la città nella Siria settentrionale, tra Aleppo e Raqqa, alla cui periferia oggi sono entrate truppe arabo-curde con l’appoggio degli Usa. «Non ci sono posti sicuri per proteggersi dai raid aerei. Ogni civile è considerato un terrorista dagli americani», afferma, parlando al telefono con l’Ansa, Muhammad Khatib, ex consigliere comunale di Manbij, fuggito a nord di Aleppo ma ancora in contatto giornaliero con i familiari rimasti in città. I gruppi arabo-curdi «sono ancora lontani dal quartiere generale dell’Isis», afferma Khatib.”
Anche i jihadisti di Manbij fuggono verso Raqqa e si avvicina quello scontro che si immagina e si racconta nei media come un colpo mortale al Califfato. La città era diventata un simbolo e indubbiamente conquistarla darebbe una svolta al conflitto siriano tuttavia osservando con più attenzione la situazione sul campo, l’obiettivo appare denso di incognite.
E’ la stessa SDF a rendersene conto con lucidità, secondo quanto scrive l’attivista e giornalista free-lance Daryous Al-darwish su Atlanticcouncil.
La complicazione religiosa. La leadership SDF teme che la caduta di Raqqa in mano a una colazione di Curdi sostenuti dagli Usa verrà interpretata dal mondo islamico come una guerra contro i Sunniti, capace di provocare un nuovo afflusso di combattenti e sostenitori per il Califfo. Si riproporrebbe una narrazione simile a quella di Al Qaeda che descrive la dissoluzione dell’Impero Ottomano come una guerra contro l’Islam portata avanti dall’Occidente. A questo rischio futuro si aggiungono le critiche passate e presenti alle grandi potenze: gli Usa provocano vittime fra i civili e bombardano ospedali la Russia è accusata da HRW di far uso di cluster bomb internazionalmente vietate.
La complicazione etnica. La vittoria di milizie principalmente curde potrebbe ferire sensibilità etniche. Sebbene i media abbiano dato poco rilievo internazionale, la popolazione sa che le forze curde commettono violazioni dei diritti umani, come la pulizia etnica delle zone conquistate scacciando la popolazione di etnia non curda [report Amnesty]. Dopo il lancio ufficiale della campagna SDF contro Raqqa, la Coalizione Nazionale Siriana che riunisce dal 2012 le forze rivoluzionarie e di opposizione a Damasco ha emesso un comunicato che denuncia coloro che sfruttano la lotta al terrorismo al fine di raggiungere gli obiettivi personali, non la volontà del popolo siriano, descrivendo tutto questo come un progetto di occupazione. Se le forze curde intendono applicare in Siria la strategia dei Curdi iracheni non si ritireranno dalle zone conquistate, ma anche gruppi di attivisti e combattenti curdi si interrogano sulla fattibilità di condurre l’occupazione di una grande città abitata da una maggioranza araba schiacciante.
L’incognita del dopo. Liberare Raqqa significa che lo Stato islamico sarà sconfitto in Siria? In realtà potrà ancora conservare grandi bacini di supporto nella parte nord e sud per lanciare attacchi sulla sua ex-capitale o perfino stringerla d’assedio.
A questa corsa verso Raqqa partecipano varie componenti unite solo dall’esistenza del nemico comune, un collante che verrà meno con l’avvenuta liberazione della città. Ancora da Atlanticcouncil
Tutte queste fazioni stanno agendo in nome della lotta contro il terrorismo e per rovesciare ISIS, compreso il regime siriano e i suoi alleati, che si sono spostati nella città di Tabqa all’inizio di giugno, così come le fazioni di opposizione e gruppi estremisti come Al Nusra, che si sono scontrati con le forze curde dopo lo scoppio della guerra civile. Alcuni membri del Fronte Nusra e gruppi di opposizione nazionalisti considerano i Curdi in procinto di stabilire un’ amministrazione autonoma che costituirebbe una minaccia per l’unità della nazione Siria.
Se queste piccole guerre scoppieranno dopo che Raqqa sarà liberata, è altamente possibile che la SDF venga a trovarsi in una posizione di debolezza, impoverita dall’aver speso le sue energie e risorse negli attacchi alla città. Inoltre non ha a disposizione armi pesanti per affrontare i carri armati e gli aerei posseduti da altre parti in conflitto: si basa quasi interamente sulla coalizione internazionale, il cui ruolo è limitato alla lotta all’ISIS, salvo qualche sporadico bombardamento sulle postazioni del Fronte Nusra. La coalizione internazionale evita anche prendere di mira il regime siriano [protetto dalla Russia]. Tutti questi fattori lasceranno le forze curde esposte a nuovi conflitti dopo la presa della città.
E chi presidierà Raqqa? Non è in questione solamente l’aspetto militare: assegnare il controllo della ex-capitale dello Stato Islamico è un messaggio politico. La città non può cadere prima di accordi fra Russia e America che tengano conto dell’apporto dell’Iran nel conflitto siriano e delle esigenze di sicurezza della Turchia e di Israele. E’ da quanto viene discusso negli incontri a porte chiuse di questi giorni fra Staffan De Mistura, per l’Onu, e i rappresentanti di Russia e Stati Uniti che dipende la data dell’attacco finale a Raqqa.
Al-Raqqa non è un Campo di Marte, è una città dove vivono quasi 200 mila tra uomini, donne, vecchi e bambini, e purtroppo le Organizzazioni dei Diritti Umani non sono mai al tavolo delle trattative, arrivano a tragedia avvenuta.