L’impianto istituzionale della Libia consiste tuttora di un mosaico di enti rivali che reciprocamente ostacolano risoluzioni autonome o disattendono quelle concordate.
Un anno fa le tanto attese elezioni all’ultimo momento vennero cancellate. Ciclicamente i media scrivono che l’accordo è vicino, che le autorità di Tripoli e Tobruk si sono incontrate per fruttuosi dialoghi, in realtà la Libia non ha un centro di direzione nazionale e il territorio subisce tre gestioni separate.
La parte sud – il Fezzan che ufficialmente poco interessa agli enti internazionali – non potendo più vivere di turismo è caduta sotto il controllo delle organizzazioni del trasferimento dei migranti. Ciò grazie alla saldatura tribale tra i Tuareg della confederazione Kel Ayr nigerina e i Tuareg della confederazione Kel Ajjer libica di Sebha, Ghat e Ubari. Il “Bureau des passeurs” che rifornisce di esseri umani il business della costa libica è quasi esclusivamente gestito da trafficanti di etnia Tuareg, spesso personaggi con un passato, o un presente, di mercanti di droga e armi, mercenari o tour operator disoccupati. Agiscono, quando non impegnati a combattersi, in collaborazione con altre etnie, quali i Tebu.
La Cirenaica è sede della HoR, Camera dei Rappresentanti, eletta nel 2014 e trasferitasi a Tobruk; ha insediato un “Governo di Stabilità nazionale” che non ha gran riconoscimento internazionale, presieduto da Fathi Basharga. La HoR è estremamente prolifica, ma le sue leggi abitualmente restano sulla carta, contestate dalla Tripolitania dove a Tripoli agisce il “Governo di Unità nazionale”. Internazionalmente riconosciuto e guidato da Abdul Hamid Dabaiba, è un governo creato a Ginevra con la partecipazione di 75 “rappresentanti” libici. Nelle intenzioni doveva essere solo il ponte verso quelle elezioni che non avvennero mai.
Ultimo caso esemplare di legge varata e contestata riguarda la Corte Costituzionale. All’inizio di novembre Fawzi al-Nuwairi, vice presidente HoR, e Khaled al-Mashri, presidente dell’Alto Consiglio di Stato (assemblea consultiva creata nel quadro degli accordi del 2015 sotto impulso ONU), si erano intesi sulla necessità di un accordo delle due camere “su basi costituzionali, leggi elettorali e posizioni sovrane”.
Pochi giorni dopo la HoR autonomamente approva la legge per la Corte Costituzionale e segue l’immediata reazione dell’Alto Consiglio di Stato che rifiuta la legge approvata in quanto tale “procedura necessita di una Costituzione o di una norma costituzionale, non di una semplice legge”. Non tutti i parlamentari HoR sono entusiasti della legge varata: è come l’ultimo chiodo sulla bara dell’indipendenza della magistratura.
Essere istituzionalmente acefala, tuttavia, non impedisce alla Libia di essere coinvolta in esercitazioni militari. Soddisfatta Washington per “la partecipazione della Libia alle recenti esercitazioni Phoenix Express 22 in Tunisia assieme a 11 Stati arabi ed europei.” Evidentemente ciò non ha disturbato la Turchia, che della Tripolitania è il deus ex machina, e con la quale Dabaiba ha stretto accordi di cooperazione militare.
Dalla Cirenaica, il Feldmaresciallo Khalifa Haftar si muove come un candidato presidente. Visita regioni e città, invita i gruppi armati di Tripoli a deporre le armi, promette sostegno alle realtà locali, ma persiste un ostacolo all’eventuale suo accesso alla Presidenza. Occorre venga scritto nella Costituzione che è legale la candidatura dei militari e di coloro che sono in possesso di doppia nazionalità, come Haftar che ha cittadinanza libica e americana.
Si comprende facilmente quale sia l’atmosfera sociale: a Tobruk in luglio gruppi di manifestanti hanno preso d’assalto la HoR, in agosto a Tripoli sono scoppiati scontri fra milizie rivali. Pochi giorni fa Haftar è tornato nel Fezzan, ricevuto in gran pompa dagli sceicchi, per invitare a dar avvio a una grande rivoluzione popolare. Intanto il governo di Tripoli accusa il Comitato Internazionale della Croce Rossa di spionaggio e attività diverse da quelle dichiarate ufficialmente. L’Ufficio Onu per gli Affari Umanitari (Ocha) già la scorsa primavera contava in oltre 800.000 le persone con urgente bisogno di aiuti umanitari. Inoltre: sparizioni forzate, torture e assassinii sono solo alcuni dei crimini denunciati dall’Ufficio.
Il grande romanziere libico Ibrahim Al-Khoni, rallegrandosi nel 2011 per quella che era raccontata come una rivoluzione popolare, disse “La popolazione sta pagando un prezzo molto alto per la libertà”. Non immaginava quanto a lungo i libici avrebbero dovuto pagare per una libertà che, nel migliore dei casi, sarà un’apparenza dietro la quale si incroceranno interessi internazionali petroliferi, politici e delle mafie africane.
Maria Carla Canta
L’ha ripubblicato su Rajah Al Hurra.
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Grazie! Complimenti per il tuo blog.
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