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In aula il 17 giugno gli è stato consentito di testimoniare: Mohammed Morsi ha parlato per 20 minuti. Era agitato. E’ svenuto. All’ “ospedale militare”, il medico ha dichiarato “decesso per attacco cardiaco” e ha assicurato che il corpo non presentava “ferite recenti”. Il 18 è stato sepolto, senza autopsia, né esami del sangue e del contenuto gastrico. Almeno da un anno le organizzazioni internazionali dei diritti umani denunciavano la mancanza di cure al prigioniero politico Morsi- per  diabete, insufficienza renale e altri disturbi – e i sei anni in regime d’isolamento. Una sentenza di morte a lenta esecuzione

23 maggio 2012: l’Egitto per la prima volta sceglie a mezzo di consultazione democratica il presidente, e non è, stavolta, un militare. Il 30 giugno Mohamed Morsi, Partito Libertà e Giustizia, giura ed assume i poteri.

L’errore politico del Presidente fu lasciar credere al popolo di aver le redini dello stato, quando in realtà ciò non era avvenuto. Morsi era stato semplicemente messo nelle condizioni di dare alla gente l’impressione che fosse avvenuta una vera rivoluzione, ma tutto restava nelle mani degli stessi dell’era Mubarak. Soprattutto dell’Idra che governa concretamente l’Egitto: il Consiglio Superiore delle Forze Armate, lo SCAF.

1 luglio 2013 Lo SCAF, nella persona di  Al Sisi, dà al Presidente un ultimatum: entro 48 ore dimissioni o sarà colpo di stato militare. Morsi resta al suo posto di presidente eletto. Viene messo agli arresti domiciliari e poi  trasferito in  prigione dove è rimasto incomunicado  fino al 17 giugno 2019. 
Secondo le organizzazioni internazionali il golpe segna il giorno più sanguinoso della storia mondiale delle rivoluzioni: circa mille vittime fra i sostenitori del Presidente nelle piazze di Cairo, in particolare nella moschea di Piazza Rabaa.

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Perchè Europa, America, Russia, Cina hanno avvalorato il golpe intrattenendo rapporti diplomatici ed economici con l’Egitto? Qualsiasi motivazione si voglia dare, alla base c’è la tenace avversione per i partiti di ispirazione religiosa [eccezion fatta per quelli dello stato ebraico di Israele].
Libertà e Giustizia rappresenta l’evoluzione politica dei Fratelli Musulmani che sostennero la rivoluzione di Nasser. il quale, raggiunto il potere, li remunerò con arresti e repressione.
Quando il successore Anwar Sadat recuperò parte delle ispirazioni socialiste nasseriane,  la Fratellanza venne nuovamente utilizzata  contro gli avversari di estrema sinistra [membri dell’organizzazione vennero accusati dell’assassinio di Sadat, ma a colpire fu al-Jihad un gruppo armato di diversa osservanza ideologica].
Similmente nell’era Mubarak i Fratelli Musulmani vennero tollerati per contrastare i partiti di estrema sinistra; infatti nelle prime fasi della rivoluzione del 2011 la Fratellanza si mantenne in disparte, poi assumendo la guida della rivolta. Tale “islamizzazione” del processo rivoluzionario convinse al tempo delle elezioni il 52 % dei votanti e Morsi assunse la presidenza, ma non si governa contro l’esercito e le grandi potenze, non si rifiuta l’intervento del Fondo Monetario internazionale, non si parteggia per Gaza contro Israele. Non lo si fa, se si vuole restare al potere, o perlomeno non rischiare una morte prematura.