Dal voto di sfiducia del 2019 contro Imran Khan,  il Pakistan vive un continuo subbuglio che divide  i quasi 130 milioni di elettori in due campi accanitamente avversi. Il 2023 è stato anno record per morti legati a terrorismo e conflitti interni. Imran Khan si trova fra la persecuzione legale e la turbolenza di quella gran parte del paese che fedelmente ancora lo sostiene; dalle elezioni dell’8 febbraio è escluso per una raffica di condanne tempestivamente emesse.

L’atmosfera a ridosso delle elezioni è segnata da incarcerazioni, ribellioni, attentati. Un’imponente marcia è arrivata a Islamabad da Quetta, Baluchistan, per protestare contro le violenze e le sparizioni avvenute nella regione; l’ultimo scontro ha causato 15 morti, fra cui  4 membri delle forze di sicurezza. Lunghe file di persone che tentano la carta dell’emigrazione stazionano fuori dalle ambasciate straniere nella capitale. 

Dopo il voto di sfiducia a Imran Khan, [qui la ricostruzione di quel turbinoso turbinoso aprile 2022] si era insediato un governo di coalizione, poi sostituito nell’agosto 2023 da un governo provvisorio non eletto, con la promessa di indire le elezioni entro novembre. Sono slittate per la necessità di indire il censimento sostiene il governo, ma altre spiegazioni si possono individuare.
Nessuna tornata elettorale nella storia del Pakistan è stata priva di controversie, ma quest’elezione del 2024 eccede, già a partire dalla speculare situazione dei due maggiori partiti.

– Il gruppo di centrodestra PML-N è guidato da Nawaz Sharif tornato in patria lo scorso ottobre; a questo si può far risalire lo slittamento delle elezioni: il  mese di Novembre era troppo vicino per portare a termine quei provvedimenti che gli hanno aperto la strada a un quarto mandato.  Sharif, infatti, è tornato in patria dopo quattro anni di autoesilio a Londra per non dover scontare la pene a suo carico relative alle  condanne per corruzione; poco dopo il ritorno,  la Corte di Appello gliele ha annullate. Inoltre la Corte Costituzionale  ha cancellato  il divieto a vita  di partecipare alle elezioni per i politici che hanno subito condanne.

– Il PTI, Movimento per la Giustizia del Pakistan, parteciperà con candidati indipendenti poiché Khan, fondatore e leader,  è  stato assicurato alle carceri dal maggio 2023 [qui il divergente atteggiamento in politica internazionale di Khan e Sharif ], e due condanne sono state emesse a suo carico una settimana prima del voto.   

Anche la natura dei crimini  suggerisce una casuale sorprendente specularità, questa volta internazionale.
– Benjamin Netanyahu è accusato dal 2021 di abuso di conti pubblici e, con la moglie Sarah, di aver sollecitato regali durante la sua carica di Primo Ministro; il processo va a rilento, nel frattempo è stato rieletto, conduce un attacco a Gaza che ha messo Israele alla sbarra per accuse di genocidio, oggetto di un processo alla  Corte Internazionale di Giustizia.
– Imran Khan è accusato da maggio 2023, di  aver tratto profitto illegalmente, insieme alla moglie Bushra, dalle donazioni ricevute durante la permanenza in carica; a ridosso delle elezioni, il 30 gennaio è condannato a 10 anni per aver divulgato documenti statali riservati, il 31 la coppia riceve una condanna a 14 anni  per i doni  ricevuti. E’ possibile che a Bushra sia permesso di  lasciare il carcere per scontare la condanna ai domiciliari fino al processo di appello. Imran resterà in carcere.

Il PTI sostiene trattarsi di processi fasulli, svolti sotto costrizione e affrettati da  un Tribunale schierato. Gli avvocati difensori asseriscono che non è stata data la possibilità di difendersi e i cronisti presenti confermano che la coppia non era in aula al momento della sentenza: “…un altro triste giorno nella storia del nostro sistema giudiziario, che è stato “smantellato” e la decisione si configura come un “un processo predeterminato”

Un sondaggio Gallup di gennaio rileva che Khan è  ancora il politico più popolare a livello nazionale, sebbene Sharif abbia notevolmente colmato il divario con il suo ritorno.
Un ricercatore universitario di Lahore, sostenitore di Kahn, intervistato dal reporter internazionale  Angelo Calianno racconta: “Non crediamo che possano esserci elezioni regolari. I militari, in diverse forme, sono ovunque: intelligence, polizia, esercito. Non può esserci una democrazia così. Ufficialmente possiamo anche avere un presidente, un primo ministro, un parlamento. Ma sono trent’anni che chi governa davvero il Paese è lo Stato maggiore militare. Controllando le forze armate e la sorveglianza, questi possono fare tutto quello che vogliono e nessuno ha il coraggio di andargli contro. Chi ci prova fa una brutta fine: guarda cosa è successo a Imran Kahn o a chi ha supportato la causa dell’indipendenza del Baluchistan: la gente sparisce, senza lasciare traccia“.

Maria Carla Canta