La pubblica opinione è progressivamente diventata un fenomeno astratto. Con Internet e i social media ciascuno è sia un destinatario che una fonte, suggerendo l’illusione di un pensare collettivo prevalente. Secondo Charles Peguy “I popoli vanno là dove i poteri li conducono” e oggi fonti di potere indefinite e immateriali si sovrappongono a quelle identificabili: le persone che pubblicamente incarnano il potere.

Le nuove tecnologie mediali moltiplicano la possibilità di intervenire nel processo di formazione della conoscenza. L’individuo singolo può agire diffondendo ciò che sa o ritiene auspicabile, o avversando il deprecabile, così che nei social media si formano agglomerati di opinioni concordi o avverse. Correnti di pensiero condiviso soltanto in apparenza poiché l’identità in rete non coincide obbligatoriamente con l’individuo nella sua realtà o può essere  una inesistente identità, tuttavia quando un determinato tema si afferma fra la popolazione dei social media viene abitualmente assunto come rappresentativo dell’opinione prevalente fra le persone reali, il che lo rende influente sugli avvenimenti concreti, perfino epocali.

La capacità di far apparire l’inesistente è l’essenza stessa della Tecnologia, che assume l’efficacia di un potere condizionante tutte le altre conosciute forme di potere. [Tag Tecnologia ]

Si prende coscienza molto lentamente dell’alto potenziale manipolatorio degli strumenti tecnologici, pertanto è di straordinaria utilità e tempestività  l’esperimento condotto da tre giornalisti israeliani, Gur Megiddo, Omer Benjakob e Frédéric Métézeau, (nota 1) su un’organizzazione che produce disinformazione a pagamento, per creare a richiesta disordini globali di utilità per il committente. La gamma dei servizi offerti dal team sottoposto a indagine è ampia: attacchi informatici, campagne di disinformazione transnazionali, documenti falsi per incriminare avversari politici,  false segnalazioni, furti di documenti bancari.
Il risultato dell’indagine è integralmente pubblicato dal quotidiano Haaretz a questo link (nota 2) ed è il frutto di nove mesi di cooperazione internazionale, con decine di giornalisti impegnati a verificare i dettagli che il contatto, presentatosi come “Jorge”, aveva rivendicato  nel corso degli incontri via web circa l’attività dell’organizzazione.

Non ci soffermiamo qui sul particolare che l’organizzazione oggetto dell’indagine ha base in Israele – il che invece molto importa ai tre ricercatori che hanno condotto l’indagine – perché ci interessa evidenziare come la diffusione del “disordine” si serva primariamente dei social media.

La trappola

I ricercatori assunsero una finta identità, “Meidan”, e per mezzo  della piattaforma di comunicazione online Zoom stabilirono il contatto fingendosi consiglieri di un politico africano. Lasciando trapelare trattarsi del Chad, lanciarono l’esca “Alla fine di settembre ci saranno le elezioni. E secondo il mio cliente, quell’elezione non può avvenire”. L’interlocutore, presentandosi come “Jorge” promise una risposta successiva.
In un colloquio seguente aggiunsero che, per giustificare il rinvio delle elezioni,  sarebbe avvenuta un’esplosione in un mercato della capitale, N’Djamena. “Jorge” non battè ciglio “Per portare a termine la campagna chiedo 6 milioni di € (6,4 milioni di$)”

Si compiacque di raccontare che il suo staff aveva agito in 33 campagne elettorali a livello presidenziale in tutto il mondo, in 27 di esse con successo, e dimostrò ai nuovi clienti  le sue capacità violando account Gmail e Instagram per introdurli in conversazioni private di ministri di Kenya e Mozambico. 

“Ha  spiegato di aver violato la corrispondenza di importanti personalità africane mentre forniva servizi ad altri clienti. Ha anche rivendicato la responsabilità di un famigerato attacco informatico che aveva lo scopo di sabotare un referendum sull’indipendenza catalana nel 2014. Ha anche raccontato come un cliente lo abbia pagato per aiutare nell’arresto del magnate della moda canadese Peter Nygård per presunti crimini sessuali. E si è vantato di un attacco del 2015 ai telefoni del partito di opposizione in Nigeria, nell’ambito di una campagna elettorale in cui – come ha poi scoperto l’inchiesta – ha collaborato con la famigerata società di consulenza britannica Cambridge Analytica “

A tale esposizione di “credenziali” “Jorge” ha aggiunto la presentazione di un software inedito: Advanced Impact Media Solutions, AIMS, sistema per gestire un esercito di avatar (le identità false) sui social media, usati per divulgare voci, insinuazioni, molestie, diffamazioni o elogi. Qualunque cosa un cliente voglia chiedere, nonché  gonfiare i valori delle criptovalute.

Le verifiche

Per le indispensabili operazioni di controllo i ricercatori assunsero due iniziative.
— La prima: affidare a giornalisti di The Guardian, Der Spiegel, Die Zeit, Le Monde, l’organizzazione internazionale di giornalisti investigativi OCCRP, Radio France, Haaretz, The Marker e altri media la  verifica delle affermazioni di “Jorge”. Ne hanno investigato la veridicità in Francia, Kenya, Israele, Stati Uniti, Indonesia, Germania, Tanzania Venezuela e Spagna e incredibilmente, molte delle affermazioni sono state confermate.
Inizialmente i tre giornalisti avevano pensato che “Jorge” stesse esagerando, ma l’ indagine condotta ha appurato l’intromissione in una serie di elezioni in vari paesi nel corso dell’ultimo decennio. I resoconti, paese per paese sono nel report integrale, già più sopra indicato, di cui è  vivamente consigliato prendere visione.
Un solo esempio, scelto fra i più semplici da esporre: California, il governatore Gavin Newsom ritardava il rinnovo della licenza di esercizio di una centrale nucleare a causa di problemi di sicurezza. L’esercito di avatar del team di “Jorge” ha impostato una campagna online contro di lui che è terminata solo col rinnovo della licenza.

— La seconda: commissionare la creazione di una tendenza in Twitter per verificare l’effettiva influenza del suo esercito di avatar falsi.
emu-rip-emmanuel Era l’estate 2022, chiesero a “Jorge” di prendere come punto di partenza una influencer, Taylor Blake, famosa per i video di Emmanuel, un emu australiano. Doveva annunciarne la
 morte con  l’hastag #RIP_Emmanuel.
Constatarono che la campagna avveniva con migliaia di tweet, condivisioni e like. In poche ore fu in tendenza in Africa, Europa e anche negli Stati Uniti si lamentava la prematura fine dell’emu: “ci mancherà Emmanuel”. Il giorno dopo la Blake, stupita e disorientata, dovette annunciare che Emanuel era vivo e vegeto, provocando un altro fiume di discussioni e di rilanci che amplificarono la visibilità della campagna stessa. Attirate circa 7 milioni di visualizzazioni che dimostrarono la pervasività dei finti avatar  AIMS, che appaiono come persone vere: sono arabi, russi, asiatici e africani, naturalmente, aveva spiegato “Jorge” che davanti ai loro occhi ne aveva creato uno nuovo. (nota 3)

In ogni società una parte del pensare collettivo è sempre stata consapevole delle menzogne dei portavoce, delle disinformazioni dei Servizi segreti, delle invenzioni dei quotidiani. Oggi occorre raggiungere l’effettiva consapevolezza che chiunque dotato di risorse economiche può commissionare favole.
Gli attuali strumenti tecnologici consentono di diffondere tesi false che si trasformano in eventi: indagini giudiziarie, distruzioni di carriere, dibattiti parlamentari, manifestazioni di popolo, rivolte, dichiarazioni dell’ONU, sostituzione di governi.
Con i social media si possono creare classi di paria culturali facendo apparire maggioritario un punto di vista che le persone reali ignorano o rifiutano, si possono imporre modifiche della lingua, nuovi costumi e inedite necessità, si può convincere che sono “progresso” delle prassi che intaccano la natura stessa dell’essere umano. 

Maria Carla Canta

Note
Nota 1  -Il rapporto investigativo sul “Team Jorge”, come si chiamava il gruppo in tutte le presentazioni, fa parte di un progetto giornalistico ancora più ampio, Story Killers, che si occupa dell’industria della disinformazione su commissione.

Nota 2 Gli account Twitter dei tre ricercatori @FredMetzo    @omerbenj  @GurMegiddo

Nota 3 Dopo aver scelto il paese di residenza, il sesso e la fascia di età dell’utente fittizio, il software gli ha offerto set di immagini (rubate da un profilo autentico) da utilizzare per completare il profilo falso.  Ogni avatar riceve un’impronta digitale univoca, che include un’e-mail e un numero di telefono reale; quando necessaria una verifica tramite un messaggio, il sistema sa come gestirla. Naturalmente si possono attribuire migliaia o milioni di “follower” che fittiziamente interagiscono con i like e i commenti.
Si può vedere tutto nei video inseriti dentro l’articolo originale