Quanto annunciato da Kais Saied nel dicembre 2021 è avvenuto: in gennaio la consultazione online sui cambiamenti istituzionali e la raccolta di suggerimenti dei cittadini, in giugno pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo definitivo della Costituzione  e il 25 luglio urne aperte per il referendum costituzionale. Referendum senza quorum: affluenza del 31,2 % degli aventi diritto, con il 94,1% di voti favorevoli il “popolo” approva.

Complessivamente il testo cerca di stabilire un classico sistema iperpresidenziale e fornisce a una singola persona un potere enorme con pochissimi meccanismi di responsabilità corrispondenti.

Le Monde parla di “pericolosa avventura” di Kaïs Saïed che “commetterebbe un grave errore se dovesse interpretare il sì del referendum come un assegno in bianco. La partecipazione ristretta dovrebbe suonare come un allarme, convincerlo a ripensare al suo metodo di passaggio forzato. Tuttavia, c’è motivo di essere scettici. Dogmatico, Saïed ha dimostrato negli ultimi mesi che intende portare a termine il suo progetto, che combina l’autocrazia illiberale e il populismo anti-élite.” 

Scorrendo i commenti sotto gli articoli si ricava l’impressione che il Presidente goda ancora di un’importante base di sostegno popolare, non tanto sul suo progetto – che molti sostengono essere stato frainteso dalla gente – ma sulla speranza assai diffusa che Saïed migliorerà la loro situazione socio-economica e sul rancore verso i soggetti legati alla gestione post 2011. “Se vince il no, è il ritorno a Ennahda” è stato il ritornello contro il partito islamista. Tuttavia vi sono segni di disincanto: la curva della popolarità del Presidente è in calo: ha perso 25 punti in un anno.

Il testo della Costituzione (in sintesi, in francese al link ) è articolato in 8 capitoli che propongono una revisione totale del sistema istituzionale; sono preceduti dal preambolo che stigmatizza gli anni successivi al 2011 e alla caduta del regime di Ben Alì.

Primo sviluppo degno di nota è all’esordio: l’articolo 1 stacca  dal precedente  “la Tunisia è uno stato libero, indipendente e sovrano, l’Islam è la sua religione” per volgersi a una comoda ambiguità.
Secondo gli articoli 5, 6 e 7, infatti, la Tunisia è parte integrante della Oumma islamica, della comunità araba e del Grande Maghreb. In pratica, osservano giuristi e costituzionalisti, Saïed fonda uno Stato religioso in cui i partiti non interferiranno più con la religione. E’ una trovata ingegnosa che realizza due obiettivi: il Presidente è uomo religioso, ma si libera dei Fratelli Musulmani di Ennahda riservando solo allo Stato il compito di perseguire gli obiettivi dell’Islam.

Ampie prerogative sono conferite al Presidente: è il comandante supremo delle forze armate, definisce la politica generale dello Stato e ne ratifica le leggi; può presentare testi legislativi che il Parlamento deve esaminare in via prioritaria. Oltre a ridurre notevolmente il ruolo e i poteri del Parlamento, la nuova Costituzione prevede la funzione legislativa attribuita a due camere di differente natura, è un punto particolarmente complicato, anche nelle denominazioni considerando che tutto viene da noi recepito attraverso la traduzione dall’arabo al francese. 

—L’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo: ogni individuo di nazionalità tunisina al compimento del 18° anno ha diritto di candidarsi, per un mandato quinquennale; si impone il divieto di cambiare blocco parlamentare, è data l’immunità, tranne che per reati di diffamazione e per violenze commesse in aula.
Le proposte di legge devono essere presentate da almeno dieci deputati. L’Assemblea è competente per le convenzioni relative ai confini,  l’organizzazione internazionale, gli impegni finanziari e commerciali; insieme alla seconda camera approva la legge finanziaria, con richiesta di maggioranza assoluta in entrambe.

—Il Consiglio Nazionale Regionale e Territoriale, di cui gli articoli da 81 a 86 definiscono l’ambito di azione. Trascriviamone l’oscurità da Business News: sarà composto da deputati eletti dalle regioni e dai territori. I membri di ciascun consiglio regionale eleggono tra loro tre membri per rappresentare la propria regione nel Consiglio nazionale. Gli eletti ai consigli regionali eleggono per ciascun territorio un unico deputato che rappresenterà il territorio in questione in Consiglio nazionale. Il membro così eletto sarà sostituito nel consiglio regionale secondo le disposizioni della legge elettorale. L’articolo 84 prevede che “i progetti relativi al bilancio dello Stato e ai piani di sviluppo regionale devono essere presentati al Consiglio nazionale al fine di garantire l’equilibrio tra regioni e territori”. Infine: “La legge disciplina i rapporti tra l’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo e il Consiglio Nazionale Regionale e Territoriale”

La funzione esecutiva è interamente dipendente dal Presidente che nomina il capo del governo e, su proposta di quest’ultimo, i ministri; può licenziare il governo o un ministro spontaneamente oppure su proposta del capo del governo.

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Nominalmente la nuova Costituzione è vigore dal giorno del referendum che l’ha approvata. In pratica non ci sarà cambiamento percepibile poiché il testo ufficializza la situazione esistente, quando da presidente democraticamente eletto nel 2019, ritenendo il paese ingovernabile, ha assunto un anno fa i pieni poteri. Il prossimo appuntamento con l’elettorato è previsto il 17 dicembre per le elezioni generali. Probabilmente, come per il referendum, vi saranno diffuse iniziative di boicottaggio. Il diritto alla libera espressione è garantito, però le forze di sicurezza che come l’esercito godono ancora di alta popolarità intervengono pesantemente nelle proteste. Secondo fonti informate è in preparazione una legge per disciplinare il funzionamento di associazioni, partiti e ONG, e i partiti, già molto deboli e in crisi, saranno soffocati con misure draconiane riguardo il loro finanziamento e organizzazione” .
Il presidente Saïed ha arringato la piazza festante  sul piazzale di Avenue Bourguiba all’annuncio dei risultati dei referendum e  ha annunciato  che il primo provvedimento che verrà adottato sarà la legge elettorale per far sì, ha precisato, che l’eletto sia acclamato dai suoi elettori e non più dal suo partito.

L’estero guarda torpidamente agli eventi: la UE si è dichiarata preoccupata, gli Stati Uniti “molto preoccupati”,  ma intanto sono in Tunisia ad addestrare i tunisini all’utilizzo dei velivoli senza pilota per missioni d’intelligence”. Il FMI è in attesa: le casse sono vuote, o la Tunisia stringe un accordo con il Fondo monetario internazionale o si dichiara incapace di ripagare i debiti e va in default.
FMI chiede alla Tunisia di ridurre la spesa pubblica tagliando sussidi e dipendenti pubblici. L’Unione generale tunisina del lavoro, UGTT, sindacato premio Nobel della Pace nel 2015, si oppone.
Nei cinque mesi che li separano dalle elezioni i tunisini dovranno decidere con chi schierarsi, considerando che il boicottaggio del referendum è servito solamente a far apparire oceanica la voce di un quarto di elettorato. 

Maria Carla Canta