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Le leggi crudeli, parte prima: Bambini israeliani strappati alle famiglie

marianne azizi
MARIANNE AZIZI

Marianne Azizi è psicologa, una professionista londinese di successo fino al giorno in cui la sua vita e gli affetti sono stati sconvolti. Sposata con un cittadino israeliano, si è scontrata con le leggi dello stato che impediscono al marito Ilan di raggiungerla in Inghilterra. Ilan non ha commesso nessun crimine. E’ ostaggio del nebuloso e aleatorio intreccio di leggi civili e religiose sui rapporti tra coniugi. All’origine delle traversie il matrimonio precedente di Ilan, il divorzio, gli alimenti per il figlio.
Il loro non è un caso limite, fa parte di una piaga sociale che causa agli uomini che divorziano un rischio di suicidio otto volte più alto della media. Un sistema coercitivo e discriminatorio che vieta matrimoni interconfessionali e spinge ogni anno migliaia di cittadini a celebrare le nozze a Cipro o in altri paesi stranieri. Conoscere la travagliata vicenda di Marianne e Ilan, che rappresenta una moltitudine di casi simili, è entrare nel clima sociale ed etico dello stato di Israele.

Qui di seguito la  lettera aperta al Governo di Israele che Marianne ha indirizzato nel 2014 alla patria di Ilan che è anche spiritualmente la sua, essendosi lei convertita alla religione ebraica. E’ un quadro sconfortante, con dettagli disonorevoli per le autorità israeliane, che provoca indignazione verso uno stato, intenzionalmente democratico ma praticamente autoritario, come si è visto nella prima parte dell’articolo riferita alla sottrazione dei figli alle famiglie in difficoltà, che agisce in maniera arbitraria e persecutoria verso i propri cittadini. La battaglia che Marianne conduce in Israele e nelle Organizzazioni Internazionali non è solo, e sarebbe già moltissimo, per vivere con suo marito. E’, letteralmente, una lotta per salvargli la vita. Ciò che colpisce dell’ordinamento giudiziario, è il potere del Tribunale religioso (ndr. vedere videoche condiziona quello statale e invade coercitivamente la vita intima delle persone. La lettera originale in inglese è a questo link.

 Egregi Signori,

Da oltre sette anni il vostro paese detiene illegalmente e immoralmente mio marito, cittadino israeliano, e vi scrivo per chiedervi che cosa pensate io possa aspettarmi di poter fare in futuro. Il vostro Tribunale della famiglia, il Tribunale religioso e l’ufficiale giudiziario fanno ciascuno legge a sé. Non vi è alcuna trasparenza, il che ha reso possibili decisioni corrotte e arbitrarie che hanno distrutto spiritualmente il mio compagno. Per tutti quelli prima di lui e per coloro che inevitabilmente verranno dopo, elevo una forte e pubblica denuncia.

Il ‘crimine’ commesso da Ilan Azizi è quello di essere un padre che vuole vivere al di fuori di Israele, che da dodici anni cerca di ottenere un divorzio civile che i vostri tribunali rifiutano. Il vostro Tribunale religioso ha rifiutato di riconoscergli la libertà di divorziare o la libertà di muoversi. Il vostro sistema giudiziario lo tiene illegalmente incatenato a un precedente matrimonio. I vostri giudici hanno emesso un ordine “No Exit” per lui, come per molte migliaia di altri, solamente a scopo di lucro.

I vostri giudici gli hanno chiesto una garanzia finanziaria estesa nel futuro il cui importo è simile al riscatto che potrebbero chiedere dei terroristi somali per una persona ricca. Il vostro ufficiale giudiziario ha ordinato il pagamento di alimenti per il bambino della durata di 36 anni in anticipo, sì in anticipo e non so di nessun altro paese che imponga al genitore un deposito che copre il mantenimento del figlio fino a quando avrà 44 anni. Il vostro tribunale ha chiesto di trovare dei garanti – di nazionalità israeliana – disposti a dare in pegno la propria libertà in cambio del permesso, per lui, di venire a vivere nel Regno Unito con me, sua moglie. Il vostro  tribunale prende decisioni differenti con differenti giudici in giorni diversi. Cito una vostra email che mi ha inviato Chaim Neria nel 2011,  dall’Ufficio dello Speaker della Knesset che dice:

Gentile Signora Marianne Azizi,
Abbiamo ricevuto la sua email all’ufficio del Presidente della Knesset, Reuven MK (Rubi) Rivlin. Siamo rimasti profondamente commossi e tristi per la complessità della situazione. Tuttavia, il sistema giudiziario in Israele è totalmente indipendente e un membro del Parlamento non può intervenire in alcun modo. Ci auguriamo che presto sarà in grado di essere di nuovo insieme a suo marito.
Distintamente, Chaim M. Neria, Ufficio del Presidente della Knesset

Io non sono un’antisemita arrabbiata, mi sono convertita al Giudaismo più di 25 anni fa e  per questo ho pagato in Israele una cospicua somma.
Ho sofferto abusi umilianti, come il dovermi spogliare nuda davanti ai rabbini, persone di sesso maschile. Ho perdonato.
Ho cercato di perdonare il vostro sistema che è in collusione con i cittadini vendicativi che possono servirsene per spezzare uomini, donne e bambini in modo inumano. Ho cercato di perdonare persone e comunità che mi hanno usata come cassaforte cui attingere, sfruttando il mio amore e la disperazione per il declino emotivo e mentale di Ilan, nella disperazione di vedersi negata una vita normale.

Vi ho perdonato a Ginevra quando ero all’ UNHRC, insieme alla missione Onu, mentre il vostro governo – pur invitato a farlo – ha rifiutato di abrogare la Tender Years Assunption, quella pratica draconiana che causa tanto dolore e sofferenza nelle famiglie. E ho perdonato  Arthur Lenke, il capo della vostra rappresentanza presso l’UNHRC, per il suo comportamento sprezzante e offensivo verso di me, in aggiunta al fatto che solo poche settimane prima del tentativo di suicidio di Ilan non gli importava di ascoltare e di riconoscere i suicidi che in Israele avvengono a causa della vostra legislazione sulla famiglia.

Ho cercato di perdonarvi durante le mie numerose visite. Le centinaia di lettere ed e-mail che ho scritto ai vostri servizi sociali, ai gruppi internazionali e a tutte le persone disposte ad ascoltare. Ma nonostante  vi abbia avvisato che Ilan stava andando sempre più giù a causa della sindrome da violazione dei diritti, mi avete ignorato.

Ho quasi perdonato, quando Ilan si è rivolto un’ultima volta al vostro ufficiale giudiziario per offrire ancora più soldi pur di essere messo in grado di lasciare Israele, visto che era giunto alla consapevolezza di aver necessità di trattamento psichiatrico ma temeva di chiederlo lì, a causa del barbaro trattamento già sopportato nelle istituzioni pubbliche; il suo bisogno di aiuto psicologico era testimoniato dall’avvocato che conosceva l’ingiustizia devastante che subivamo.

Vi ho perdonato quando la sentenza gli restituiva la libertà in cambio di 50.000 nuovi shekel per il mantenimento del figlio fino al termine della minore età, il che gli dava la speranza di tornare alla sua attività nel Regno Unito, a guadagnare almeno cinque volte quello che guadagna in Israele. Ho riscattato la mia pensione e vi ho io stessa consegnato il denaro. Ho provato a perdonare quando l’ufficiale giudiziario si è rimangiato la sentenza pur avendo intascato al volo il MIO  denaro – di una cittadina britannica-.  Quel denaro non mi è mai stato restituito e la vostra Corte ha stabilito che non potevo riaverlo indietro essendo stato pagato per dei bambini israeliani. Chiaramente i miei figli non contano niente? Il guadagno che potevamo avere è sfumato a causa delle richieste del vostro tribunale.

Non perdono la vostra Corte che, a porte chiuse, ha chiesto 100.000 dollari per portare, di persona,  Ilan in aeroporto. Non vi perdono per aver ignorato i segnali della determinazione di Ilan di darsi la morte.

Non vi perdono di ignorare la Legge Halakhah  e costringere lui e me a divorziare sotto costrizione, per di più senza darmi una sufficiente traduzione in  inglese che mi mettesse nelle condizioni di pensare e porre le domande necessarie a comprendere  l’enormità dell’ingiustizia. Il vostro tribunale religioso ha gestito la faccenda in poche ore durante la mia visita, basandosi su una  valutazione dei vostri servizi sociali sulla condizione psicologica di Ilan, valutazione che in realtà non hanno effettuato.

Non vi perdonerò ora di trovarmi, io, nella condizione di non ottenere giustizia poiché voi non avete  firmato nessun trattato internazionale per i Diritti Umani, rendendomi impotente a presentare  un reclamo contro di voi che avete violato il vostro stesso statuto fondamentale.

Non vi perdono perché vi aspettate che io paghi migliaia e migliaia di sterline per ottenere un po’ di giustizia da qualche tribunale fasullo sperando di riavere il denaro che mi è dovuto  e che è nelle mani di persone che esercitarono costrizione su Ilan immediatamente dopo il suo tentativo di suicidio, avendogli in qualche modo fatto temere che i suoi figli sarebbero stati uccisi se lui avesse lasciato Israele, gli avvocati ne sono testimoni.

Non vi perdono per sette anni di stress implacabile e per la rovina finanziaria, fino al punto di una mia grave malattia dell’anno scorso, la perdita della mia carriera e dei risparmi di una vita.

Ora io chiedo a voi, cosa devo fare? Prendere le cose come sono e accettare l’evidente abuso dei miei diritti, della vita di Ilan, e l’uso che Israele fa della negazione e delle bugie, perdere tutti i soldi che ho investito per salvarlo?
Dovrei trovare altri milioni di shekel e denunciare il vostro Stato alla Corte Suprema, pubblicamente chiedere una perizia psichiatrica che dimostrerà chiaramente il suo disturbo post-traumatico da stress e proverà al di là di ogni dubbio il suo trauma emotivo e l’incapacità di affrontare qualsiasi realtà diversa da quella dell’immediato. Il sistema è colpevole.

Devo squadernare tutta la mia documentazione davanti al mondo perché veda? Devo raccogliere abbastanza sostegno pubblico perché si parli di me? Volete che mi arrenda e non dimostri come il vostro sistema ha spezzato quest’uomo? Sperate che non  discuta le rimostranze presentate all’UNHR dove avete ammesso i vostri problemi e poi non avete fatto niente di niente, causando centinaia di altri suicidi?

Forse potreste leggere il mio libro ‘Sour Milk e Stolen Honey, perché la vostra terra non ha rispettato il suo sogno di essere giusti, di valorizzare la libertà e la dignità, solo perché questo costa. Vi potrete leggere la tragedia e capire la mancanza di valori che filtra dalle vostre politiche giù fino alle corti, e in molte dispute familiari tra la popolazione. Se il vostro ex primo ministro Olmert ora viene condannato [ndr. per corruzione] perché non anche i vostri tribunali e i sistemi che l’hanno reso così facile? La mia storia è apertamente leggibile in tutto il mondo.
Devo condividere di più e chiedere a tutte le altre persone nel mondo di unirsi a me per denunciare le vostre leggi familiari abusive? Devo riunire tutte le persone distrutte in Israele, le cui vite sono rovinate, e insieme farne un caso pubblico da far conoscere al mondo? La vita dei cittadini non israeliani è altrettanto a brandelli, per l’ingenua fiducia data alla vostra dichiarazione di essere una democrazia. Potrei chiedere loro di unirsi a me in questa azione.

Concludo la mia lettera. Quando avrete letto, guardate vostra moglie o vostro marito, i figli o i genitori e chiedetevi: cosa fareste se un paese non democratico ve li togliesse, vi togliesse l’amore della vostra vita? Colui che avevate promesso di salvare e che ora vive momento per momento, senza speranza, senza sogni e senza futuro.

Il potente stato d’ Israele, così potente che ha dimenticato le sue radici, il suo patrimonio, si costruisce sul sangue, il cuore e l’anima pur di continuare a esistere. Beh, un successo l’avete, e molte altre migliaia come Ilan. Esistere è la parola che usate in continuazione. Il diritto di Israele ad esistere. Io so la differenza tra l’esistenza e la vita, e, per quanto voi possiate sentire il battito,  non c’è la vita.
Ho cercato di essere ragionevole in questa richiesta di comunicare con me perché io non posso sostenere il milione , e più, di shekel che vi siete già presi. Quant’è il valore di una vita, vi chiedo.
Ecco un link  http://tinyurl.com/pqwtvkj   all’ultima lettera che vi avevo inviato;  può darsi che avrete la decenza di rispondere in modo diverso questa volta.

Marianne Azizi


La lettera cui fa riferimento Marianne è del 2011, scritta a ridosso del tentativo di suicidio di Ilan. Altrettanto toccante e ferma, permette di comprendere meglio meccanismi che in quella del 2014 sono appena accennati.

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Marianne e Ilan Azizi, nel giorno delle nozze

Marianne e Ilan si sono sposati nel 2008, ma sul divorzio di Ilan dalla prima moglie pendevano questioni irrisolte, da qui il divieto impostogli dalle autorità di lasciare Israele. E’ l’inizio del calvario. 
La possibilità per coniugi vendicativi di servirsi delle leggi al punto di distruggere l’ex-partner.
Ilan disoccupato, non ha casa propria, nè conto in banca, è nella situazione di molte persone tradite da un sistema di cui, purtroppo, voi stessi affermate di non avere alcuna conoscenza […] Fortunatamente, o sfortunatamente per me, ho potuto sostenere e aiutare mio marito dall’estero, e molti sono sconvolti per quello che sta accadendo lì, compresi i rappresentanti delle Nazioni Unite. “ .

L’obbligo di chiudere il loro matrimonio nella speranza di far uscire Ilan dal labirinto.

Non ho altra scelta che andare avanti con la richiesta di divorzio, quando solo poche settimane fa progettavamo di rinnovare i nostri voti di nozze e regalarci una vera luna di miele. Nei pochi giorni di attesa dopo la sua domanda di lasciare il paese, la ex-moglie ha sfruttato il sistema e … di nuovo non abbiamo potuto. […]  Vorrei rispettosamente chiedere, anche se ora siamo di fronte al divorzio – sebbene ci amiamo, e ne abbiamo fatto voto davanti a Dio in Israele, voto che conservo e tengo caro – di non dovervi scrivere ancora in futuro con la notizia della sua morte. Non credo che l’essersi arreso a questa situazione senza futuro continuerà, né sono economicamente in grado di affrontare  le crescenti domande di riscatto del vostro sistema giudiziario”.

La situazione psicologica di Ilan e la necessità per loro di divorziare sono chiarite da un articolo di Marianne  “Conversazione con un ostaggio”
“Guardo il sole  al tramonto e ricordo le sue parole “Non mi è permesso di essere sposato con te in qualsiasi parte del mondo. Devo fare come mi dicono. Delle persone potrebbero morire se  io lascio Israele. Ma promettimi di non rinunciare mai a me, promettimelo”.
Con brutale coercizione siamo stati costretti al divorzio. “E’ una vita inferiore” ha dichiarato il Tribunale religioso  e poi “Prendi un nuovo marito.” mi hanno consigliato.

Qualcuno che dichiara di conoscere bene il sistema giudiziario di Israele, nel sito di Marianne ha scritto questo commento “Una nazione fondata su una profonda ingiustizia verso altri non può prosperare come un paese giusto”.

Chi è Marianne, intervista

@marauthor

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