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Il conflitto in Siria sembra giunto alla fase decisiva: ristabilire il controllo di Assad sulla provincia di Idlib. I tre attori stranieri divergono sull’azione da intraprendere: la Turchia propone la via diplomatica, un cessate il fuoco che appoggi l’iniziativa dell’inviato Onu Staffan De Mistura. Russia e Iran respingono congiuntamente la diplomazia, decisi ad un’ulteriore azione militare contro i “terroristi”.

Perchè è così importante quest’ultima roccaforte ribelle? Scrive Lorenzo Declich
“La provincia di Idlib negli ultimi anni è stata usata dal regime e dai suoi alleati come una specie di discarica umana.Le truppe governative piantavano la bandiera su aree riconquistate (e definitivamente devastate) e i suoi residui abitanti – oltre a frotte di combattenti in larga parte jihadisti con famiglie – venivano deportati nella provincia di Idlib. In pochi anni è diventato un melting pot di sofferenza per siriani che mai, nella loro vita, si erano incontrati né mai si sarebbero incontrati, se è vero che la Siria è un mosaico socio-economico oltre che etno-linguistico e religioso. Insieme a quelle categorie di individui finora citati nella provincia di Idlib sono finiti anche quegli attivisti che in questi anni sono rimasti in Siria.”
Prima del 2011 la provincia era una delle zone depresse della Siria, trascurata dal regime, con il tasso di istruzione più basso e una popolazione a maggioranza religiosa sunnita. Ora è la grande polveriera.

Per gli osservatori internazionali un devastante – tale deve essere per dirsi definitivo – attacco è visto come una sicura catastrofe umanitaria, un assassinio di massa e uno smisurato esodo di profughi.  Verso dove? La provincia confina con la Turchia che già aveva accolto nel corso degli anni il 45 % di tutti i profughi siriani, sfiorando i 3 milioni e mezzo di persone.

Se il regime siriano e la Russia dovessero portare avanti un assalto su larga scala a Idlib, significherebbe per la Turchia un altro esodo, ma soprattutto potrebbe renderla un bersaglio dei jihadisti. Nei giorni scorsi in rete è comparso un video nel quale un uomo che si definisce un ribelle della Ghouta orientale minaccia Erdogan. Stando di fronte a quello che sostiene essere un tunnel al confine turco “Saremo a Reyhanli in meno di due ore.” ha detto. Il riferimento a  questa città nella provincia turca di Hatay, è agghiacciante per i turchi perchè Reyhanli l’11 maggio del 2013 è stata teatro di un attacco con un’autobomba che ha causato la morte di almeno 51 persone.

In un articolo, del presidente turco pubblicato sul Wall Street Journal con il titolo The world must stop Assad, Erdogan a chiare lettere ammonisce ” Se il regime siriano attaccherà Idlib, sarà un disastro umanitario e geopolitico.

Le relazioni della Turchia con la Russia non sono nel momento migliore, molto tese sono quelle con gli Stati Uniti. Che cosa si sono detti nel luglio scorso a Helsinki  Putin e Trump in un faccia a faccia, con “importanti accordi verbali” che non sono stati divulgati?
Daniele Ranieri su il Foglio riporta la dichiarazione dell’ ambasciatore russo a Washington, Anatoly Antonov:
“Putin ha fatto “proposte specifiche e interessanti” su come i due paesi potrebbero cooperare in Siria. Martedì il portavoce della Difesa russa, il generale Igor Konashenkov, aveva detto che lo stato maggiore della Russia si preparava a intensificare i contatti con i colleghi americani proprio in vista della futura cooperazione.”

La Turchia appare chiaramente finita a lato dei grandi giochi, le preoccupazioni del presidente Erdogan sono più che giustificate e altrettanto dovrebbe preoccupare l’Europa la prospettiva di una Turchia in qualche misura destabilizzata. La due giorni di Ginevra condotta da Staffan De Mistura, che incontra anche gli inviati di Egitto, Francia, Germania, Giordania, Arabia Saudita, Regno Unito e Stati Uniti, è la molto flebile speranza di evitare una catastrofe che si espanderebbe al di fuori dei confini dalla Siria.

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