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Domenica 11 dicembre un’esplosione all’ingresso della chiesa di san Pietro, adiacente la Cattedrale di San Marco al Cairo, ha ucciso 24 persone e ne ha ferite 49.  E’ l’attentato più denso di incognite, sugli autori e per le conseguenze future, dentro un’escalation di attacchi.

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(Photo credit should read KHALED DESOUKI/AFP/Getty Images)

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Dalla pagina Facebook di Unheard Egypt
“Quando Mubarak era al potere, ogni anno nel mese di dicembre una chiesa subiva un attentato. Gli attacchi settari ai luoghi di culto cristiani hanno lo scopo di alimentare l’odio tra musulmani e cristiani e distrarre il popolo egiziano da problemi più gravi. In ognuno di questi attentati un certo numero di persone innocenti viene arrestato, processato oppure scompare o viene ucciso come capro espiatorio.

Dall’articolo fj-p.com (versione dall’arabo)
“Il sistema Sisi è come quello del regime di Mubarak, che realizzò l’attentato della Chiesa Santi nel 2010, per sottomettere Papa Shenouda alle politiche di Mubarak, per giustificare le politiche volte a sopprimere gli islamisti”

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Il 31 dicembre 2010 durante la messa di Capodanno nella Chiesa dei Santi in Alexandria, un attentato  causò 21 morti. I cristiani lamentarono una scarsa protezione, le autorità fornirono versioni confuse, finché spuntò la rivendicazione di AlQaeda, la cui esistenza in Egitto il governo di Mubarak aveva sempre negato.
Le somiglianze con l’attentato recente non sono poche, a partire dalle dichiarazioni ufficiali rilasciate secondo la consueta confusionaria inattendibilità, già constatata verso l’Italia per l’assassinio di Giulio Regeni.

-Nell’immediato, le testimonianze oculari hanno puntato il dito su una donna che avrebbe deposto una borsa con l’esplosivo sotto una panca nella sala di preghiera femminile. Questo spiegherebbe perché la maggior parte delle vittime sono donne e bambini, aveva dichiarato il Ministero della Salute.

-Il giorno seguente la tragedia sono stati arrestati tre uomini e una donna, altre due persone ricercate; affermazione al tempo stesso corroborata e smentita da un video di ignota provenienza. 

-Nel giorno dei funerali il presidente Abdel Fattah al-Sisi in persona ha annunciato l’identificazione dell’attentatore suicida, Mahmoud Mostafa, ma, sempre secondo Unheard Egypt, si tratterebbe di una vecchia conoscenza della polizia, già arrestato nel marzo 2014, all’età di 16 anni e ritenuto tuttora in carcere.
L’attentatore indossava un giubbotto con l’esplosivo, ha chiarito Sisi, ma, incoerentemente, il portavoce del Ministro degli Interni dichiara alla televisione che la cintura e il cellulare dell’attentatore sono stati rinvenuti, e vengono mostrati in buone condizioni. 

-Il giorno 13 un comunicato del Ministero degli Interni denuncia l’esistenza di una cellula terroristica, guidata da Mostafa El-Sayed Kassem, un latitante trentenne soprannominato Il Dottore, che ha legami con Ansar Bait Al-Maqdis, ramo dell’Isis che impegna in Sinai l’esercito egiziano in un contrasto finora fallimentare.
Secondo la polizia, Il Dottore, si sarebbe recato in Qatar nel 2015 per incontrare esponenti dei Fratelli Musulmani e ricevere l’ordine di compiere attentati in patria. La dichiarazione del Ministro termina accusando la Fratellanza Musulmana del Qatar di fornire sostegno finanziario e logistico “al fine di danneggiare la sicurezza nazionale dell’Egitto e creare divisioni nella società”.

-Il giorno 14 Rita Katz, che con Site è la fonte apparentemente esclusiva dei comunicati dello Stato Islamico, in un tweet annuncia la rivendicazione dell’Isis. Nel suo comunicato l’Isis rivela anche il nome di battaglia dell’attentatore: Abu Abdallah El-Masri.

Com’è stato possibile mettere a segno l’attentato a San Pietro se dall’avvenuto golpe del 2013 gli edifici di culto cristiani sono continuamente presidiati dalla polizia?
Alcuni sopravvissuti hanno riferito a Reuters che la polizia non aveva eseguito le consuete ispezioni di sicurezza nella chiesa di San Pietro e neppure nella Cattedrale di San Marco, residenza del papa Tawadros II.

I Copti furono ovviamente favorevoli alla rivoluzione anti-Mubarak e furono in prima fila nel sostenere il golpe: “Sisi ci ha salvato da Morsi”, “È l’uomo mandato dal cielo”. (ved. Regime d’Egitto, l’Esericto e la Croce”

Quali che fossero le aspettative, secondo i Copti sono andate deluse scrive Foreign PolicySegno di malcontento, le proteste tra la comunità cristiana sono gonfiate negli ultimi mesi ad un livello senza precedenti. Una volta considerati come un pilastro di sostegno al regime, i Copti costituiscono ormai una sfida crescente per il governo del Cairo”.  Che i Copti si sentano minacciati non è di particolare utilità all’Isis; lo è, invece, per il governo di un paese in cattive acque che deve far accettare alla popolazione la drastica ricetta economica del Fondo Monetario Internazionale.

Sentimenti di rabbia e di tensione si avvertono nella varie proteste indette dai Cristiani affiancati spesso dai Musulmani.  Alcuni accusano il Ministro degli Interni Majdi Abdul Ghaffar e ne chiedono le dimissioni. Altri la medesima richiesta di dimissioni rivolgono a Sisi. La maggioranza ripete slogan di unità nazionale: “musulmani e cristiani uniti”. A slogan come “Chiese e moschee sono pari, ma i Copti non bruciano le moschee”  fa eco il settarismo del versante opposto, che considera la comunità copta non inerme, bensì fornita di armi ed esplosivi, e la teme.

“La gente è arrabbiata per Sisi, ma non riescono a vedere alternative” secondo Wael Eskandar, giornalista indipendente del Cairo, ma l’Egitto è un paese dove si dovrebbe mai dire “mai” e dove “Viviamo insieme o moriamo insieme” è lo slogan creato dall’artista Mohamed El-Sawy.

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articoli sull’ Egitto 
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