mcc43

Il secondo anniversario del colpo di stato in Egitto si avvicina. Il generale, ora Presidente, Abd Al-Fattah Al-Sisi per la comunità internazionale non è un golpista, bensì – come fu per Pinochet con la dittatura cilena – una pedina d’interessi estranei all’Egitto e alla sua popolazione. Il feroce controllo sui media e i social media nazionali non riesce a nascondere del tutto l’arroganza dello SCAF, Consiglio Superiore delle Forze Armate, elevatosi a potere liberticida con la collaborazione di una Giustizia asservita e di un Clero connivente.
1) L’Esercito e lo SCAF: uno stato nello Stato
2) L’impero dei Copti
3) Amnesty: report sull’Egitto degli orrori

1) L’Esercito e lo SCAF: uno stato nello Stato

Nella millenaria storia egiziana l’esercito fu sempre colonna portante. Nell’Egitto moderno, riorganizzato nell’800 dal regnante Ali Pasha, le forze armate sono diventate più del corpo difensivo del paese: sono una casta che tesse la politica e una morsa sulla vita economica che assicura la fedeltà di classi povere, realizzando le ambizioni di quelle più elevate. Accedere a una scuola militare ed entrare nella gerarchia significa promozione sociale, scalata alla ricchezza e alle posizioni di potere. Nel dossier Above the State: The Officers’ Republic in Egypt del Carnegie M.E. Center si legge

“Se la Repubblica degli Ufficiali non verrà smantellata, userà la sua vasta ramificazione politica e il suo determinante controllo sulle enclave burocratiche ed economiche per sovvertire qualsiasi futuro governo che non abbia la sua approvazione. Oggi, la repubblica degli ufficiali è al massimo della sua pervasività. Gli ufficiali di grado elevato dopo il pensionamento hanno accesso a una vasta gamma di posti di governo, a beni e a servizi agevolati, ottengono la direzione d’importanti risorse e opportunità all’interno dell’economia civile e uno status sociale elevato. La Repubblica degli Ufficiali esercita inoltre il controllo esclusivo sul bilancio della difesa, sull’assistenza militare degli Stati Uniti e sulle imprese di proprietà dell’esercito. Inoltre, è sostenuta dalla profonda convinzione di averne il diritto, istituzionale e personale. Riportare indietro tutto questo sarà un delicato processo che durerà molti anni. “

Potenza e arbitrio sono diventati evidenti nel 2013, quando lo SCAF ha assimilato a “volontà degli Egiziani” una “petizione”, senza crismi di legalità e controllo dell’autenticità delle firme apposte, richiedente le dimissioni del legittimo presidente Mohammed Morsi e del suo governo. Indicandolo responsabile delle decennali difficoltà del paese,  manovrando tutte le componenti laiche e religiose della protesta, l’esercito apriva la via all’operazione golpista.

Sul fronte laico Mohammed Al Baradei, ex direttore dell‘AIEA, volto internazionalmente apprezzato ma ben poco noto alle masse, venne designato rappresentante del popolo nella stesura della road map del dopo Morsi e insignito della vicepresidenza. Baradei abbandonò già il 14 agosto dopo l’eccidio di Piazza Rabia e piazza Nahda,  un massacro passato in secondo piano per assenza di telecamere. I Tamarod, star mediatiche della rivolta anti-Mubarak di Piazza Tahrir, raffiguravano, invece, quel volto dell’Egitto che ai media piacque rappresentare come  giovane-acculturato-internettizzato.

Sul fronte religioso le premesse del colpo di stato ebbero l’appoggio della più alta autorità sunnita, Ahmad_al-Tayyib, shaykh della moschea Al-Azar, da molti considerato un politico molto più che un teologo. Durante i massacri dei Fratelli Musulmani nei  giorni del golpe minacciò di abbandonare la carica qualora le gravi violenze “tra egiziani” non fossero cessate, ma la minaccia è rimasta comodamente lettera morta.
Completo ed entusiasta appoggio al golpe venne da parte della Chiesa Cristiana Copta e dal mondo affaristico che la fiancheggia.
Il miliardario Naguib Sawiris, gran tycoon delle telecomunicazioni, mise le sue televisioni all’avanguardia della necessaria e funzionale diffamazione di Morsi e dei FM  presso la pubblica opinione. Sawiris promise al nuovo regime il sostegno “per assicurare all’Egitto uno sviluppo economico nella giusta direzione” e, in pratica, coltiva una speciale relazione a tre con Sisi e il Falcon Group.

Falcon è una PSC, Public Security Co., che fornisce contractors per operazioni sotto copertura o attività nell’ordine pubblico. E’ avvenuto quando Sisi le affidò il suo quartier generale, avviene ora in grande perché gli agenti privati della Falcon, equipaggiati con armi automatiche, presidiano le Università e assicurano tempestiva repressione delle proteste degli studenti.

I media internazionali riportano diffusamente le visite al Cairo dei leader stranieri, da Matteo Renzi a Vladimir Putin, ma tacciono sui finanziamenti che le Monarchie del Golfo ostili ai FM hanno elargito all’esercito egiziano, nonostante le registrazioni telefoniche che lo attestano. (video con sottotitoli in inglese nell’articolo Golpe con tangente: Al Sisi d’Egitto e le Monarchie del Golfo ). Alcuni di questi finanziamenti sono transitati su un conto intestato ai Tamarod, rivela il Telegraph, gettando altre ombre sulla “spontaneità” della rivoluzione del 2011.

 […] Il responsabile dell’ufficio di Sisi, generale Abbas Kamel, ordina al generale Sedky Sobhy, ora ministro della Difesa, di prelevare denaro da un conto bancario in precedenza usato nella fase di preparazione del rovesciamento di Morsi. “Avremo bisogno di 200 domani dal conto dei Tamarod, è la quota arrivata dagli Emirati Arabi”.

Il generale, Ministro della Difesa, Sudqi Sobhy (o Subhi) attivamente si adopera per creare di sé l’immagine di risorsa alternativa nel dopo-Sisi visitando una dopo l’altra le monarchie del golfo; il che induce a chiedersi se i rapporti del Presidente Sisi con l’entourage siano coesi o percorsi da fronde che preparano le tappe future del regime.

2) L’impero dei Copti Per imporre e stabilizzare il regime, Al Sisi ha scelto una via esplosiva: aizzare lo spirito settario, utilizzare i Cristiani Copti per l’annientamento dei Fratelli Musulmani.

Per necessità politica, più che per autorità riconosciuta, la Chiesa Copta ha come voce unitaria il Pope del Cairo. Allo scoppio della rivoluzione del 25 gennaio 2011, Pope Shenouda III ordinò ai fedeli di astenersi. Non tutti obbedirono perché le varie realtà religiose locali mantengono propria vitalità, talvolta fonte di conflitti  interconfessionali e di scontri fra i monaci dei vari monasteri. Un altro esempio è l’editto papale del 1978 che vieta ai Copti  i viaggi in Terra Santa fino a che “Gerusalemme non sarà liberata”. In realtà, ogni anno per la Pasqua i voli verso Gerusalemme quadruplicano; la facilità con cui Israele rilascia i visti in tale ricorrenza induce a intravedere un’emigrazione mascherata che dispiace certamente alla Chiesa Copta, ma non ai due governi, qualunque sia l’atteggiamento ufficiale adottato.

Quanti sono i Copti in Egitto? Si pensa il 5 % della popolazione, ma la Chiesa afferma trattarsi del doppio. (nota1) La rappresentazione che i Copti danno di sè è ristretta all’elenco degli attacchi indubbiamente subiti nel corso degli anni; taciute le proprie attività settarie, l’infiltrazione metodica nei gangli dello stato, l’attività destabilizzatrice delle organizzazioni della diaspora e la viscerale esaltazione della connotazione religiosa. Con il nostro sangue e anima, noi difenderemo la Croce era lo slogan del 2005, anno di attrito  fra Mubarak e Pope Shenouda.

Sul fronte del ragionamento politico nell’ambito dei Copti spicca l’intellettuale Samir Morcos che, sempre nel 2005, intravedeva dell’esagerazione vittimista e affermava: “Come molti dei loro compatrioti, i Copti rispondono con la collera alle questioni che non sono loro abituali: un monaco che non conoscono personalmente, un film che non hanno visto, una donna con cui non hanno mai conversato.” Morcos divenne assistente di Morsi e si dimise per l’incauta Legge Costituzionale che metteva nelle mani del Presidente tutti i poteri  istituzionali. Era un provvedimento a scadenza, tuttavia indubbiamente un passo falso che permise all’esercito, alle opposizioni, alla comunità internazionale di gridare alla dittatura e chiamare alla rivolta.

Diversamente dal 2011, i Copti fortemente si adoperarono, provocando guerriglie urbane con i Fratelli Musulmani. (nota2
S
ul fronte dell’attivismo propagandistico dal 1972 è attiva l’American Cops Association che ha fatto da battipista all’attivismo estremista e alla retorica islamofobica della National American Coptic Assembly. Il fondatore, Morris Sadek, ne dichiara la mission ambiziosa quanto velleitaria: “Vogliamo sottolineare che l’Assemblea copta d’America è un’organizzazione operativa, non si limita a eventi o parole. E’ un gruppo di pressione che va al cuore del cambiamento da provocare in questo paese, Washington, DC

La propaganda a scopi eversivi dell’Assembly è palese nella lettera-dichiarazione (2009) di Sadek. Esordisce con l’omaggio alla millenaria “forza di pace e civiltà degli Ebrei”, etichetta Gerusalemme come città esclusivamente ebraica e capitale indivisa dello stato di Israele, boccia come grave rischio per il Medio Oriente la creazione di uno Stato Palestinese, definisce i FM un pericolo per la “pace mondiale” e auspica che la Nato svolga la critica funzione storica di sconfiggere l’Islam! (nota3)

Non c’è alcuna visibilità dei Copti, invece, nella sfera economica. Solo le riviste di settore rivelano l’esistenza delle molte aziende di successo e degli operatori del mercato azionario appartenenti alla comunità cristiana copta, la quale, secondo i dati, deteneva negli anni ’90 una ricchezza stimata tra il 35% e il 40% di quella totale dell’Egitto. Oltre alle telecomunicazioni e alla sicurezza privata del già ricordato Sawiris, sono in mani copte il sistema bancario, vale a dire  l’erogazione dei prestiti, e  il mercato dell’oro. Altra nicchia, non prestigiosa, ma di primaria importanza, è la raccolta dei rifiuti in quanto filiera di un altro business esclusivo dei Cristiani:  l’allevamento dei suini. coptic cross tattooSui Copti nelle forze armate e nella polizia non vi sono dati pubblici e le biografie degli ufficiali non riportano la confessione religiosa, ma è possibile riconoscerne la massiccia presenza sul campo perché è uso cristiano locale tatuarsi una croce. Ciò li ha resi riconoscibili nelle immagini della sanguinosa repressione di piazza Rabia contro i FM.

I rapporti del regime con il Pope attuale, Tawadros II, convergono sull’eliminazione della Fratellanza Musulmana che è stata prontamente designata organizzazione terroristica; ciò ha permesso la chiusura delle loro attività di sostegno alla popolazione, l’incarcerazione dei quadri dirigenti, la repressione capillare di ogni sostegno individuale. E’ recente la condanna all’ergastolo di 71 Musulmani per il saccheggio e l’incendio di una chiesa e della statua della Madonna; per lo stesso episodio a due minorenni sono stati inflitti 10 anni di carcere e una multa di 10.000 pounds (circa $ 1.300). Poiché non vi furono vittime, questa sentenza è manifestamente persecutoria, soprattutto alla luce di un provvedimento dello scorso marzo che imponeva il pensionamento a 41 magistrati accusati di “sostenere il deposto Morsi”.

Molto praticata e vantaggiosa per le casse dello stato la confisca dei beni, a partire da quelli delle organizzazioni dei FM; in questi giorni la scure si è abbattuta anche sui beni della star del calcio  Mohammed Abou Trika, secondo la medesima e vaga accusa.

L’anno scorso il governo ha emanato una legge che riordina i Governatorati, modificando i confini in modo da attribuire maggior territorio ai Governatorati in cui è forte la presenza copta, ma tutto questo non placa la sete di rivalsa della Chiesa che persiste nella tesi della “persecuzione istituzionalizzata”. In una lunga intervista televisiva, l’arcivescovo alterna adulazione e suppliche al Presidente “L’ho detto altre volte: il presidente Sisi è molto attento e consapevole dei problemi della nazione. Perché, allora, la situazione dei Copti di Minya viene ignorata? Perché chiude gli occhi? ” (nota4)

3) Amnesty e l’Egitto degli orrori

Nel 2014, in occasione del primo anniversario del colpo di stato,  nel report CS096-03/07/2014  Amnesty aveva dipinto  del paese un quadro terrificante:

Arresti arbitrari in massa, detenzioni illegali, orribili episodi di tortura e decessi in custodia di polizia hanno caratterizzato il primo anno dalla deposizione di Mohamed Morsi e causato, secondo Amnesty International, un profondo deterioramento della situazione dei diritti umani in Egitto. Migliaia di persone sono state arrestate, anche se le cifre variano. Secondo dati ufficiali resi noti a marzo dall’Associated Press, nell’ultimo anno sarebbero almeno 16.000 (tra sostenitori di Morsi e attivisti di altri gruppi che esprimono dissenso verso il governo) gli arresti, mentre WikiThawra, un’iniziativa del Centro egiziano per i diritti economici e sociali, parla di almeno 80 morti in custodia di polizia e oltre 40.000 arrestati o incriminati tra luglio 2013 e metà maggio del 2014, oltre alle numero denunce di torture e sparizioni forzate di persone detenute dalla polizia o dai militari“. […] Amnesty International ha raccolto prove schiaccianti sulla regolarità con cui la tortura viene praticata nelle stazioni di polizia e in centri non ufficiali di detenzione, soprattutto ai danni di membri e simpatizzanti della Fratellanza musulmana. A torturare sono le forze di polizia e i militari, anche all’interno di strutture dell’Agenzia per la sicurezza nazionale, in molti casi con lo scopo di ottenere confessioni o costringere i detenuti ad accusare altre persone.

Negli articoli seguenti tre esempi della tortura come prassi nelle stazioni di polizia e nelle carceri.

Lo stupro per le donne:  Fatima e il branco: poliziotti in Egitto Percosse mortali per gli uominiEgitto il ritorno della tortura nell’era di Al Sisi L’abbandono dei detenuti malati: Senior Brotherhood leader Farid Ismail dies in Egypt jail

Questo è l’Egitto sotto l’alleanza dei mitra e delle croci, che anche alcuni media internazionali sbrigativamente descrivono  “Worse than Mubarak”.  Peggio che sotto Mubarak.

Ricerche e collaborazione di Wahed Masry

  ——————- Note
(nota1) I Copti lamentano di avere chiese troppo piccole e chiedono il permesso di costruirne di nuove. Altri rispondono: “La Grande Moschea di Mecca può contenere 773.000 fedeli e ha una superficie totale di 356.000 mq., il che significa 0,46 mq per persona. Il Monastero cristiano di Abu Fana misura 2,52 milioni di mq; dando a ciascun fedele lo stesso spazio di 0,46 mq potrebbe ospitare 5.478.261 persone, un numero che supera quello dell’intera comunità dei Copti d’Egitto
(nota2) La violenza è scoppiata dopo 6 aprile 2013, quando dei Copti, presumibilmente dei bambini, disegnarono croci sul muro di un istituto islamico in Khosoos, a nord del Cairo. Morirono quattro Copti e un musulmano. Al funerale dei cristiani nella Basilica di San Marco, sede del Pope del Cairo, 800 attivisti, fra Copti e Musulmani, si sono scontrati davanti alla chiesa.
(nota3) Un qualche risultato questa forsennata propaganda lo ha raggiunto: i motori di ricerca, comunque sia formulata la domanda, se contiene la parola “copti” riportano esclusivamente fatti a sostegno della “persecuzione” che essi subiscono in Egitto.
(nota4) Minya è una città dove la tensione fra Copti e militanti islamici è di lunga data.

5 anni di immagini, notizie, tweet, ita-en-fr : Storify: Egypt

Google+