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Hanno il “dovere” di divertirsi, sono spinti a fare delle (finte) scelte, a essere  già sexy. Su di loro incombono una montagna d’ipocrisia  e le insidie della pedofilia.

Nelle le facoltose famiglie di città nella Francia pre-rivoluzionaria era usuale affidare  i neonati a carrettieri incaricati di  portarli, fra ceste e mercanzie, alle balie in campagna. Da lì. se sopravvissuti,  verso i sei anni sarebbero stati ripresi per entrare a pieno titolo, con agi e privilegi, nella famiglia. Fino alla seconda guerra mondiale nelle campagne italiane i bambini in soprannumero delle famiglie indigenti venivano consegnati come lavoratori, in cambio del semplice mantenimento, a gente un pò meno povera. La prima infanzia è stata nel passato un’età pericolosa alla quale, generalmente parlando, non si riconoscevano diritti. Un abisso separa questa mentalità dalla nostra, ma ciò non significa che all’orizzonte non s’intravedano pericoli, tanto più insidiosi perché meno evidenti. 

Il “dovere” di divertirsi.  Occasioni di giocare e esercitare la fantasia in modo  del tutto libero sono sempre più rare per i bambini moderni. Chi ricorda i cortili delle case dove i bambini accorrevano per socializzare spontaneamente? Era la norma. Oggi la giornata del bambino è densa di attività programmate, le amicizie coincidono con la condivisione di attività sportive nelle palestre e piscine, sono contraddistinte dal dovere del rendimento e pervase di spirito competitivo. Ci sono i giardini pubblici, vero, ma il bambino “è condotto” se/quando/dove chi se ne prende cura può farlo e la dinamica dei rapporti è monitorata, influenzata dalla presenza degli adulti.
Abitualmente c’è carenza di tempo, di materiali e oggetti sui quali il bambino possa scoprire e esercitare la creatività, a fronte di un’immensa scelta di giocattoli già finalizzati a un unico modo di giocare: piccoli consumatori crescono …
Ma consumatori di che cosa? “Videogiochi violenti, è allarme: sesso, sangue e droga nei titoli più venduti” è il titolo di un articolo che riporta studi sulla fruizione da parte dei bambini  di videogiochi, anche targati per un’età superiore alla loro, che li espongono a scene che esibiscono comportamenti quali furto, atti di vandalismo, molestie sessuali.

Le finte scelte Compito dei genitori è scegliere per i loro bambini conoscendone particolarità e gusti, ma qualcosa è intervenuto negli ultimi anni. Questa prerogativa parentale si è tramutata nell’abitudine di subissare il bambino di domande: vuoi questo o quello per cena? vuoi mettere la felpa? hai voglia di andare a nanna, a passeggio al cinema, a prendere il gelato…

Forse l’inconfessato intento è non dover fronteggiare impuntature, spiegare necessità, così da risparmiare tempo a un genitore provato da giornate impegnative. Certamente il bimbo risponde, ma senza possedere alcuna comprensione che scegliere è ottenere, ma contemporaneamente rinunciare a qualcosa. Non percepisce l’esistenza dei limiti esterni: di un’autorità e dei meccanismi del vivere  con gli altri; sollecitato a compiere scelte  in un’età in cui non ha ancora sviluppato la capacità di discriminare è in pratica allenato a reagire secondo gli stimoli del momento.
Sviluppa l’inconscia aspettativa che la vita potrà essere modellata secondo il proprio temporaneo piacere. Aspettativa rafforzata dall’illusionismo della tecnologia: eroi che precipitano da un grattacielo e si rialzano, banconote che escono dal muro, bambole che fanno pipì e virtual-pet  che il bambino può far vivere, morire, dimenticare senza che siano profondamente coinvolti i suoi sentimenti.

Secondo un’indagine condotta a Milano dall’istituto san Raffaele, più del 20% dei 14enni ha assunto droghe (prima esperienza in media all’età di 12 anni),  prevale la marijuana ma quasi il 20% ha fatto uso di cocaina e la circostanza scatenante è la compagnia degli “amici”. L’82 % degli adolescenti (14 – 19 anni) fa uso di alcolici e nell’insieme non c’è molta differenza di quantità fra maschi e femmine.  I risultati della ricerca sull’informazione sessuale, i comportamenti, la prevenzione delle malattie consigliano di prendere con cautela la comune raffigurazione degli adolescenti moderni.  Essi sono descritti con idee chiare, consapevoli di ciò che vogliono e disinvolti nell’uso di internet – che sarebbe certamente un mezzo per farsi qualche idea su ciò che si ignora, ma occorre, appunto, esser consapevoli di ignorare. Ma come essere consapevoli di dover imparare se a tre anni già si decideva il proprio menù e l’abbigliamento, se era stato permesso di rivolgersi con il tu agli sconosciuti e sfidare gli adulti alla pari?  

 
L’essere sexy  Ad un certo punto le vetrine dei negozi d’abbigliamento infantile hanno cominciato a esporre per la bambina gli abiti della mamma in taglia ridotta, cartoni animati o fumetti  si sono riempiti delle avventure amorose di fatine e principesse.
La romantica Cenerentola della fiaba diventa una voluttuosa sex-symbol e con ammiccante insensibilità il marketing la offre come traguardo per le bambine e come aperitivo per le future  porno-riviste dei maschi.

Fumetti per bambine
Business e diseducazione

La pubblicità sta dando una robusta mano all’avviamento precoce ai misteri del sesso ed in modo  più ludico  delle lezioni scolastiche e degli insegnamenti dei genitori, ma anche molto più Fiammiferi e sessoansiogeno, per tutta la famiglia.
Che si risponde a un bambino, affascinato dalle contorsioni dei due  fiammiferi nel letto, che chiede cos’è l’eiaculazione precoce e se anche lui ne soffrirà? O se anche papà e mamma esultano … oggi non è un giorno fertile! come quella coppia ammiccante dallo schermo?
Questi spot passano prima dell’inizio di film da educande che però hanno il  bollino rosso e la scritta “si consiglia la presenza di un adulto”.
L’invenzione del parental control per internet e i televisori è una presa in giro. Chi si sognerebbe di bloccare un canale Rai? Così il bambino, padrone del telecomando, può incappare nel serial di un gruppo di disinibiti californiani e imparare in quanti modi possono essere usati gli orifizi del corpo e che non è necessario conoscere il ragazzo a cui si sta aprendo la zip dei pantaloni.
Ci si indigna per l’uso pubblicitario del corpo della donna per vendere qualsiasi cosa – preoccupazione tardiva, doveva nascere venti anni fa – e non si vede come oggi l’infanzia è letteralmente  bombardata di messaggi erotici. Tragicomico.

Una montagna d’ipocrisia incombente sull’infanzia.

L’area dell’accettabilità sociale dei comportamenti sessuali si va estendendo sempre più e al momento è ferma davanti al muro “no alla pedofilia”.  Quanto resisterà questo muro ai colpi d’ariete della rivendicazione dell’autodeterminazione sessuale? Da quando la frattura corpo/mente ha visto prevalere in modo alienato e dittatoriale  quest’ultima [vedere I quattro ictus dell’umanità nel XX secolo]  si sta introducendo il concetto che il genere sessuale non è dato, ma da scegliere fra una gamma di varianti.

Quando inizia, pertanto, il diritto di scegliere tutto quanto riguarda il vissuto sessuale,  se la maggiore età è un criterio legislativo, quindi modificabile secondo le tendenze affermatesi, o così definite,  nella società ?
Non ci si stupisce più che i ragazzi non aspettino l’attuale maggiore età a diciotto anni per diventare sessualmente attivi. Fa fede la loro “scelta” personale sul quando/come … e con chi.
Quale sarà il traguardo di questa corsa affannosa al risveglio sessuale dell’infanzia? Non si trova la risposta perché non c’è una voce autorevole che ponga senza ritrosie questo problema all’attenzione generale.

E’ troppo dire che, mentre la si criminalizza, si prepara l’avvento della “normalità della pedofilia”? Allora non diciamolo, però…

– Rileviamo che le lobby dei pedofili sono strapotenti. Non sono adeguatamente contrastate? Perché?
– Allarmiamoci almeno un po’ per il gran numero di bambini che scompaiono ogni anno in tutti i paesi; rapiti per sfruttamenti vari, predazione di organi certamente, ma quanti invece vengono adescati sessualmente? Del turismo sessuale a Tozeur, Marrakech, Bangkok vogliamo solo dolerci quando si leggono le notizie?

In una scuola rabbinica australiana è scoppiato lo scandalo di un anziano rabbino che si era astenuto dal fermare e denunciare un insegnante  accusato di atti sessuali con bambini di 11 anni. La sua serafica autodifesa è stata che le vittime “potrebbero aver acconsentito al rapporto sessuale” e che, ha aggiunto, “c’è da essere sorpresi come certi bambini comincino a pensare sessualmente già all’età di cinque anni.”
Ancora questa vile autodifesa indigna, ma per quanto tempo?

Se  la maggiore età è opinabile sul piano pratico,  se la scelta personale è sovrana, se l’assenso indica una scelta che cancella la violenza morale dell’adulto, per quanto tempo si potrà ancora efficacemente mantenere la pedofilia nell’elenco delle patologie sessuali e dei crimini da perseguire penalmente?

Secondo la suddetta ricerca dell’Istituto San Raffaele, l’incontro con il sesso in un rapporto completo oro/genitale avviene IN MEDIA a 15 anni; avendo considerato opportuno fin dai primi anni di vita che il bambino “scelga” autonomamente, come escludere a priori che “voglia” un adulto, anziché un coetaneo, come partner sessuale?

Collettivamente e inconsapevolmente, si va via via restringendo l’età infantile entro il periodo dello svezzamento e della lallazione; dopo, nell’immaginario, i bambini sono creature pseudo-adulte.
E’ vero che molti in età scolare elementare parlano due lingue, superano brillantemente i test, navigano in internet, segnano goal nei vivai delle grandi squadre,  e qualcuno si destreggia perfino con il congiuntivo, ma non sono “maturi” nelle valutazioni delle circostanze, nella prefigurazione delle proprie reazioni, nell’individuazione delle conseguenze.  Gli adulti vogliono crederli “maturi”, ed è dare a se stessi un bel voto come educatori.

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